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Claudio Marchisio a tutto campo. L’ex centrocampista della Juventus, che dopo 25 anni a tinte bianconere si è trasferito da svincolato allo Zenit San Pietroburgo, si è raccontato ai microfoni di Championat. Ecco i temi affrontati dal Principino.

NUMERO DIECI - “Se ho scelto la 10 per il ruolo di leader della mia nuova squadra? No, avevo altri due motivi. Ho giocato con l’8 per gran parte della mia carriera e quello è un numero che significa molto per me. Ma allo Zenit era occupato e per rispetto per il giocatore che lo indossa (Kranevitter, ndr), non potevo sceglierlo. E poi alla Juve ho sempre ammirato i giocatori che portavano la 10, Del Piero è uno dei miei idoli”.

CAMPIONATO RUSSO - “Tre parole per descrivere il campionato in Russia? Fisico e corsa. A queste aggiungo la debolezza nella tattica, secondo me qui non vi si presta abbastanza attenzione”.

AMBIENTAMENTO - “Mi sono unito al gruppo alla fine della finestra di mercato, quando la stagione era già iniziata. Per questo mi aspettavo qualche difficoltà nell’ambientamento, ma tutto si è rivelato molto più semplice e questo mi rende felice. L’amicizia con qualcuno non si è ancora sviluppata, ma al contempo con ognuno dei compagni sono riuscito a trovare un linguaggio comune. Gli argentini, brasiliani e portoghesi parlano lingue simili tra loro, e anche l’italiano è simile, quindi li capisco senza problemi. Poi ci sono i ragazzi russi che hanno la propria lingua e cultura, però la squadra allo stesso tempo non è divisa in gruppi separati, tutti comunicano tra loro e creano una bella atmosfera”.

SAN PIETROBURGO - “Ero stato qui con la Juve, ma eravamo rimasti poco più di un giorno, vedendo soltanto l’hotel e lo stadio. Adesso puoi conoscere qualsiasi luogo in anticipo grazie ai social network, e così ho fatto io. E’ una città incredibile, con una storia e una cultura sorprendenti. So che per i canali è paragonata a Venezia, ma a me ricorda Roma per il contributo storico e culturale che ha dato alla storia del paese”.

L'ADDIO ALLA JUVE - "Ero pronto, perché la trattativa stava andando avanti da un bel po’ di tempo. Ero consapevole di dover lasciare il club e un giorno, dopo l’allenamento, i dirigenti mi hanno contattato e nel giro di poche ore abbiamo finalmente deciso".

OFFERTE DALL’ESTERO - “MLS e Cina? Questi campionati sono un fenomeno abbastanza nuovo per il calcio. C’è sempre la tentazione di scegliere un percorso del genere, da parte di giocatori che vengono dall’Europa. Qualcuno cerca soldi, qualcuno esperienza”.

TORINO - “Cosa mi manca di più di Torino? Sarò sincero, non c'è niente che mi mancherebbe da morire qui. Sì, mi manca davvero la mia famiglia, i miei genitori. Ma questo sentimento non è legato alla città. Non provo nostalgia per tutto ciò che ho avuto lì”.

LACRIME - “L’ultima volta che ho pianto? Dopo il sesto scudetto vinto con la Juve, alla cerimonia di premiazione. Non avevo partecipato alla festa per il campionato precedente a causa di un infortunio”.

BUFFON - "La longevità di Gigi deriva dal suo modo di allenarsi. Lavora su stesso e si concentra in modo diverso da tutti gli altri. E poi non ha subito infortuni gravi, quindi è fisicamente integro".

CHIELLINI - "Chi fra quelli con cui ho giocato potrebbe diventare allenatore? Non ci vedo Chiellini, ad esempio, ma sicuramente lui può essere un eccellente leader. L'altro giorno ho letto che Bonucci vorrebbe allenare, e avrà sicuramente il mio supporto. Un altro esempio è Fabio Grosso, che ha iniziato già la sua carriera da allenatore e gli auguro che sia di successo".

ALLENATORI ITALIANI - “E’ vero, i più quotati tra gli allenatori ora sono Klopp, Guardiola, Mourinho, Tuchel, Però allo stesso tempo c’è Sarri che allena il Chelsea, e Ancelotti che è ancora uno dei più grandi. C’è poi Conte che, come ho letto sui giornali, potrebbe finire a Madrid. Il problema dell’Italia è diverso, non ci sono nuovi talenti. Il calcio è ciclico e in Italia il cambio generazionale ha subito dei ritardi. Ma questo è successo ovunque, anche in Francia e in Germania. In una certa misura, questo è il processo che sta vivendo la Spagna”.

CARRERA - "Massimo è un uomo dal carattere forte. Era chiaro che potessee diventare un grande allenatore. Quando ha completato la sua brillante carriera da giocatore e ha fatto parte dello staff tecnico di Antonio Conte, abbiamo condiviso le vittorie. Sono bei ricordi per me. Carrera era sempre lì in panchina e, a causa della squalifica di Conte, ha guidato in alcune occasioni la squadra. Anche allora, con le sue decisioni e il suo comportamento, le sue emozioni e il suo carisma, era ovvio che fosse in grado di raggiungere il successo”.