commenta

Diego aveva toccato il fondo. Gonfio e perennemente stordito. Una pena indicibile. Ne parlavo con Dino Zoff il quale, dall’alto della sua proverbiale saggezza, volle chiudere l’argomento con una riflessione che calava una pietra tombale sulla vicenda Maradona: “È così perché non potrebbe diversamente. Sarebbe come pretendere che Van Gogh oltre alla genialità avesse posseduto anche l’equilibrio”. Di più non restava da dire.

Ieri a Torino si è celebrato il “CR7 day”, presente il protagonista principale del prologo di un romanzo che per la Juventus, per il suo popolo e per l’intero movimento calcistico è sicuramente epocale. È arrivato portando con sé, al momento, solo una piccola parte di coloro i quali compongono la sua “azienda”. Sì perché Il fenomeno Ronaldo nasce, cresce e si alimenta in virtù di un meccanismo quasi “svizzero” in quanto a produzione di immagine e di denaro. Un progetto studiato nei minimi particolari e portato avanti da un “gruppo di famiglia” dove ciascun componente possiede un ruolo preciso.

Anche Maradona si muoveva per il mondo insieme con quelli che immaginava potessero essere i suoi “parafulmini” ideali. Il suo, però, era più che altro il carrozzone di un circo composto da persone e da personaggi a dir poco bizzarri e soprattutto parecchio interessati. Fossero parenti, amici, mogli e procuratori. Su tutti la figura, un poco inquietante, di Jorge Cysterpiller. Il primo manager di Diego e in seguito, sulla scia di quella procura eccellente, anche di altri calciatori sudamericani. L’uomo che lo scorso anno si è tolto la vita gettandosi dal settimo piano di un hotel. Era persino riuscito a incantare “Donna Tota” la mitica madre del “Pibe” anche lei, alla fine, impotente davanti alla discesa fisica e morale del suo figlio prediletto il quale per tutto il “clan” rappresentava forse e soltanto la gallina dalle uova d’oro. L’ultima partita giocata da Maradona, ridotto l’ombra di sè stesso e quasi una macchietta per il calcio che giustamente lo aveva annoverato tra i “Più Grandi”, fu con addosso la maglia del suo Boca. Aveva trentasette anni. Più che una festa, un funerale.

Cristiano Ronaldo ha l’età di Cristo, ma pare ben lontano dal fare la fine tragica del Nazareno. Bello come un fiore, dentro e fuori, si propone e propone alla Juventus nuovi successi grazie a un’integrità fisica e mentale riconducibile non tanto alla rigorosa dieta a base di insalata scondita e petti di pollo ai ferri o ad allenamenti quasi maniacali, ma soprattutto alla genialità aziendale che consente alla “produzione CR7” di funzionare in maniera perfetta e con risultati ottimali i quali fanno prevedere un cammino ancora molto lungo per l’azienda Ronaldo e per i suoi “collaboratori”.

Anche in questa vicenda esiste, come perno intorno al quale ruota il meccanismo, una donna. E’ Maria Dolores, la mamma di Cristiano alla quale il campione ha affidato la cura dei suoi figli e per la quale lui prova un’adorazione che va oltre il normale amore dovuto alla madre da parte di un figlio. Una sorta di donna-coraggio costretta a fare anche da padre per i suoi ragazzi per via dell’assenza di un marito alcolizzato e incapace di provvedere alla famiglia. Una donna che, quando rimase incinta di Cristiano, era talmente sfinita e depressa che fece di tutto per abortire. È lei stessa a confessarlo: “Bevevo birra calda e poi correvo per chilometri. Così mi avevano consigliato di fare per perdere il bambino. Ma evidentemente il buon Dio aveva stabilito diversamente”. Così il neonato venne battezzato con il nome di Cristiano.

Sarà mamma Dolores ad accompagnare da lontano il campione, la moglie, i figli e tutti i suoi più stretti collaboratori nella sua nuova città di Torino, “magica” proprio come “CR7”. Cristiano potrebbe andare ad abitare in una megavilla dei “Roveri” nel parco della “Mandria” che è già la Camelot degli Agnelli e di Nedved, anche se aumentano le quotazioni di un superattico in centro città in questi giorni che han visto impazzare il toto-casa. Postazione strategica dalla quale partiranno gli input necessari al funzionamenti ottimale della “macchina” già abbondantemente oliata per la quale operano fratelli e sorella di Cristiano. Ciascuno al proprio posto per competenze specifiche: marketing, sistemi multimediali, sponsor, investimenti finanziari e opere di bene alle quali il campione tiene tantissimo.

Con la testa e con il cure, dunque. Genialità, talento ma anche ragione e programmazione. La differenza con il Circo Maradona è lampante. Netta in questa fotografia di due vite parallele e contrarie. E se, come diceva Zoff, Diego era i Van Gogh del calcio a Cristiano spetta l’eredità di un genio soltanto apparentemente folle, ma in realtà astuto e consapevole come Salvador Dalì.