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Contrariamente a ciò che si poteva presumere alla vigilia delle partite contro il Crotone e il Cagliari, l’anticipo di campionato che la Juventus è tenuta a giocare contro l’Empoli non sarà di semplicissima risoluzione come potrebbe sembrare sulla carta. Intanto occorre prendere atto che la squadra toscana, dacchè frequenta la Serie A, si è rivelata un boccone certamente non tenero per qualsiasi tipo di avversario. Il suo presidente, Corsi, da sempre ha lavorato e continua a farlo seguendo una linea aziendale che non prevede eccessi, ma neppure flop clamorosi. La sua, nel tempo e più o meno come il Chievo di Campedelli, è un’azienda vera e propria e come tale deve funzionare pur nella sua semplicità senza mai andare in rosso. Una sorta di artigianato calcistico che rispecchia fedelmente la regola di vita di una città e della sua gente tenacemente aggrappate al famoso “orgoglio di essere empolesi” che non è un semplice slogan. Dal canto loro i giocatori, fin dai lontani tempi della gestione Spalletti, hanno studiato, imparato e metabolizzato alla perfezione questo tipo di filosofia e chi non lo ha fatto ha cambiato aria. L’Empoli, insomma, non sarà una “grande” ma certamente neppure un vuoto a perdere. Occhio dunque al sabato di pallone in cartellone allo Stadium.

A fianco di queste considerazioni necessarie sull’avversario di turno, è impossibile evitare di dare un senso compiuto nel bene o nel male a ciò che è accaduto nei giorni scorsi all’interno di Casa Juventus dove non si è riusciti per ovvie ragioni a lavare i panni sporchi nel privato. Il “caso” Allegri-Bonucci, esploso con grande virulenza sino a provocare l’esclusione del difensore dalla partita con il Porto, non ha sicuramente giovato al clima dello spogliatoio e ha fatalmente creato uno stato tensione generalizzata nel gruppo poiché lo “scontro” ha coinvolto due colonne portanti della struttura bianconera come il tecnico e un giocatore il quale rappresenta, insieme con pochi altri della vecchia guardia, parte delle leadership e, come tale, dovrebbe godere di una certa immunità perlomeno di immagine.

Apparentemente e ufficialmente la vicenda sembra essere rientrata sui binari della pacificazione e, magari, sarà anche così. Personalmente non credo, però, che la conclusione sua stata suggellata da una sincera stretta di mano tra i due antagonisti. Il carattere forte e determinato di entrambi, oltreché la “violenza” almeno verbale che aveva caratterizzato il confronto a muso duro, rendono difficile immaginare una soluzione finale così soft e porta di più a configurare uno statua da separazione in casa. Questo però non deve e non può indurre a immaginare una destabilizzazione all’interno della Juventus. La resa dei conti, semmai ci sarà, arriverà alla fine con la probabile partenza di uno dei due in base alle scelte che opereranno i vertici della società. Fino a quel giorno, comunque, verrà ripristinata la regola della pacifica convivenza almeno formale se non proprio quella del rispetto. E’ doveroso che sia così. E sarà così perché Allegri e Bonucci non sono due pazzi e non vorranno certamente seguire il paradossale esempio del marito che si castra per far dispetto alla moglie.

Al proposito mi piace ricordare ciò che accadde nella Juventus di Marcello Lippi quando il tecnico, mandato brutalmente a quel paese da Bobo Vieri, scese negli spogliatoi e appese letteralmente al muro il bomber. Un match che non impedì alla Juve di vincere lo scudetto anche grazie ai gol, successivi alla scazzottata, realizzati da Vieri.