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Pablo Longoria, presidente dell’Olympique Marsiglia ed ex Juventus, ha parlato a Tuttosport.
 
MARSIGLIA - «Mi piacerebbe che il regalo arrivasse in anticipo, cioè a maggio. Ne ho due in testa. Il Marsiglia ancora secondo in classifica e qualificato alla prossima Champions. E magari la finale di Conference League, ma prima pensiamo a battere il Feyenoord in semifinale. Unica francese che ha vinto in Champions? Per i nostri tifosi è motivo di grande orgoglio. Pur di riportare l’OM alla vittoria, rinuncerei a qualsiasi cosa, anche alle mie sigarette. L’ultimo trionfo in Ligue 1 risale al 2010, con Deschamps in panchina. Non ci siamo ancora fissati un anno preciso entro il quale tornare al successo, adesso la nostra priorità è la stabilità del progetto. Per questo è fondamentale qualificarsi sempre alla Champions». 

DALLA JUVE - «Il valore più importante: la cultura del lavoro. È un qualcosa difficile da spiegare, ma che percepisci immediatamente quando lavori nella società bianconera. Alla Juventus sai che il club c’era prima di te e ci sarà anche dopo e così devi dare il massimo nel periodo in cui ci lavori». 
 
L'ARRIVO ALLA JUVE - «I primi giorni. Arrivai come osservatore, dopo le esperienze con Atalanta e Sassuolo, e non ero tra coloro che avevano la possibilità di parcheggiare l’auto all’interno di Vinovo. Così ogni giorno facevo una piccola passeggiata. Costeggiavo il muro nel quale sono raffigurati tutti i trionfi del club. È stato come un corso accelerato di storia della Juventus. Mi ha aiutato a capire in fretta per chi lavoravo». 
 
DA AGNELLI - «A quel tempo, non avrei mai immaginato che sarei diventato presidente anche io. Di Agnelli mi hanno sempre colpito i suoi interventi: sa scegliere bene parole, tempi e forza del messaggio. Mi ispiro a lui, in questa avventura alla guida del Marsiglia». 
 
BENTANCUR - «I giocatori li seguivamo tutti, però sicuramente di Rodrigo mi colpì il primo colloquio, a Buenos Aires: era un ragazzino già adulto. Infatti sta facendo una carriera al top in Europa tra Juventus e Tottenham». 
 
MAESTRO PARATICI - «“Vedere i giocatori può essere relativamente semplice, il difficile è concludere le operazioni”. Lavorare al suo fianco è stato come frequentare l’Università dell’uomo mercato. Anche da Cherubini ho imparato tanto: di Federico mi hanno sempre affascinato la visione e la capacità di lavorare a progetti sul lungo termine. Non a caso ha costruito la seconda squadra bianconera prima di diventare il ds del club. E con Vlahovic ha messo a segno un gran colpo: un segnale di forza pazzesco». 
 
DYBALA AL MARSIGLIA - «Io arrivai alla Juventus poche settimane dopo Paulo... I progetti si costruiscono sulla logica, non sui sogni. E la nostra forza sono la logica e l’equilibrio degli stipendi dei nostri giocatori. È un grandissimo giocatore, Dybala, ma non ce lo possiamo permettere».  
 
CHIELLINI - «È un amico, Giorgio. Nel calcio i leader sono sempre meno: a chi non farebbe comodo Chiellini? Ma della Juve comprerei soprattutto i valori del club, che non hanno prezzo». 
 
RASPADORI - «L’attenzione ai migliori italiani fa parte della storia della Juventus. Raspadori è molto bravo, ma non sono stupito: è cresciuto nel Sassuolo, un modello positivo e unico di calcio in Europa. Hanno una capacità incredibile di portare i giovani calciatori al top. Giovanni Carnevali e Giovanni Rossi sono due fenomeni. Sì, Sassuolo-Juve di lunedì sarà la mia partita del cuore». 
 
RENATO SANCHES O POGBA - «Da romantico, direi Pogba. Ma poi ci sono gli aspetti economici, che in questo caso non conosco».