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Ieri sera, al termine di una partita paradossale persa dalla Juventus in coincidenza con la miglior prestazione di Ronaldo, Josè Mourinho ha scritto una nuova puntata del suo personale serial grazie al quale passerà alla storia.

Dopo il gesto delle manette ai polsi e dopo il recente “tre” mostrato al pubblico juventino ecco esibirsi con quella mano dietro un orecchio per significare che il suo “nemico” poteva urlare e  insultare fino a quando gli pareva, tanto lui non lo avrebbe sentito. Un atteggiamento provocatorio per rispondere alla provocazione subita, accompagnato da una freddezza del volto talmente impressionante da apparire studiata preventivamente a tavolino. La qual cosa non è affatto improbabile visto che lo stesso Mourinho oltre a essere un allenatore davvero “special” possiede anche la qualità di grande esperto in scienze della comunicazione mediatica.

In quanto a reazioni emotive “a caldo” dei protagonisti negli stadi, sia in campo e sia in panchina, la storia del calcio è piena. Quella che, tra tutte, mai potrà essere cancellata dalla memoria è sicuramente legata al nome di Carletto Mazzone e della sua sceneggiata, suggerita dal cuore che non poteva essere in quel momento governato dalla ragione, nel momento in cui Roberto Baggio realizzò il terzo gol con il quale il Brescia avrebbe pareggiato, per tre a tre, la partita contro l’Atalanta.

Prima di quel momento dalla curva bergamasca erano piovuti su Carletto ogni genere di insulti che tiravano in ballo la sua “romanità” e in particolare la sua mamma che gli era morta tra le braccia quando lui era ancora un bambino. Un momento di insostenibile sofferenza e rifiuto per l’allenatore dal cuore grande così.

Ecco perché, immediatamente dopo il fischio dell’arbitro, Mazzone si esibì nella corsa più lunga e più lesta di tutta la sua vita arrivando, dalla panchina, come un centometrista olimpionico sotto la curva atalantina urlando a agitando i pugni. Lo avevano spinto la rabbia e il dolore e certamente non il calcolo.

Di tutt’altra origine e sostanza l’atteggiamento snob e privo di pulsioni umane quello tenuto da Mourinho nel suo finale vincente contro la curva bianconera che pure si era comportata in maniera maleducata nei suoi confronti perché un certo passato non è possibile dimenticarlo. L’impressione, netta, è che il tecnico portoghese avesse confezionato quella commedia prima ancora di entrare in campo e che l’avrebbe recitata nel caso il destino gli avesse concesso l’opportunità di farlo. Cosa che è puntualmente accaduta.

L’ennesima tecnica comunicativa di un uomo che ormai e da tempo è troppo personaggio per essere ancora persona. Certamente lontano anni luce da quell’anziano collega, tutto cuore e spontaneità, di Carletto Mazzone per il quale si può privare soltanto un sentimento di grande nostalgia.