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Sui dettagli finali di Lazio-Juve penso si sia parlato abbastanza. Rivedendo attentamente la partita, mi sono accorto dei troppi errori sul primo controllo commessi da Dybala dal suo ingresso in campo fino all’ultimo tocco fatale, quello che ha regalato la rimessa ai biancocelesti. Esistono giornate così, purtroppo, non credo sia un problema di atteggiamento. Inoltre le responsabilità sul gol di Caicedo non sono soltanto sue, non accaniamoci dunque oltremisura. Piuttosto nell’analisi di oggi vorrei affrontare un argomento più ampio: la strategia di Pirlo in Lazio-Juventus. Saggia, la definirei, malgrado la beffa finale. Soltanto gli acciacchi di CR7 e Morata hanno rotto il giocattolo, costringendo l’allenatore bianconero a effettuare cambi nella ripresa non proprio felicissimi. Infatti l’arma delle ripartenze, che aveva caratterizzato la condotta della squadra fino a quel momento, negli ultimi e fondamentali minuti di gara è venuta meno: Dybala e Bernardeschi in particolare (McKennie era una sostituzione programmata, credo) non hanno saputo svolgere la stessa funzione dei due attaccanti sostituiti. Le loro caratteristiche e soprattutto la loro cattiva condizione psicofisica hanno nociuto alla squadra in maniera sensibile. Una squadra che era stata pensata e organizzata da Pirlo per un certo tipo di partita e contro un certo tipo di avversario. A posteriori, tutto ciò è stato letto da alcuni, a mio avviso troppo superficialmente, come una sorta di rinnegamento della propria filosofia di gioco, quando invece Lazio-Juventus rappresenta un primo e notevole esempio di flessibilità da parte del Maestro. Pirlo non è un talebano: buono a sapersi. D’altra parte è stato allenato anche da Allegri, che da questo punto di vista è senz’altro uno dei migliori.