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La sua partita più bella è stata anche la più straziante. Fu il migliore in campo, segnò due gol e poi chiese di essere sostituito per andare accanto a lui, steso, quasi sdraiato in tribuna su una sedia-lettiga a rotelle. La vita di Adrien Provost Rabiot cambiò a 12 anni, quando il padre, Michel, in seguito a una patologia neurologica fu costretto all’immobilità assoluta. Vigile, cerebralmente attivo, ma totalmente incapace di muoversi. Anche la foto di quella partita, tra gli Under 21 del PSG e l’Auxerre è straziante: un signore quasi sdraiato sotto un mucchio di coperte, che sembra uno straccio, circondato dalle facce sorridenti di giovani calciatori, tra cui Adrien che allora portava ancora il cognome del padre: Provost. In seguito prese il nome della madre, Rabiot, e il cambio è divenuto la metafora della sua vita.

Senza questo antefatto, forse si rischia di tralasciare qualcosa quando ci si trova di fronte a quella “virago” o “menade” (come è stata più volte definita) di Veronique Rabiot, divenuta una specie di madre padrona del centrocampista francese. Al suo cospetto, l’invadente Wanda Nara è una timida educanda che va a scuola dalle Orsoline. Da quando la malattia eclissò quasi dalla vita Michel Provost, lo scettro del comando passò a lei, a Veronique. Eppure era stato lui, il padre, fissato col calcio, col PSG e Ginola, a instillare nella mente del figlio l’imperativo categorico di diventare un calciatore. Poi le difficoltà, le cure costosissime e una specie di risentimento della famiglia contro tutti (esseri umani, il destino…) si impadronirono di Veronique, che divenne procuratrice e anche qualcosa di più di Adrien: proprietaria del cartellino, forse della sua anima. 

E’ lei che detta condizioni sempre più pesanti, che fa rifiutare al figlio la convocazione in Nazionale perché chiamato all’ultimo momento. E’ lei che vuole assistere agli allenamenti, vuole recarsi a Doha - dove è il PSG - all’improvviso a spese della squadra. Quando incontra Sabatini a Roma per un possibile arrivo di Adrien in giallorosso, alla fine del colloquio esclama: “Voglio parlare direttamente con Garcia” e il Ds si alza e se ne va. Non si tratta di soldi o non solo, ma di una specie di Edipo iperprotettivo e fagocitatore che fa del figlio una cosa in suo possesso, intesa probabilmente, come un’arma di riscatto.

Ora pare che sia divenuta incontenibile anche sui figli altrui. Vedi gli epiteti non proprio gentili, le osservazioni non proprio opportune nei confronti di Pogba e di Mbappé, rivolte in diretta alle famiglie dei giocatori dopo la sconfitta della Francia ad opera della Svizzera.

Se riandiamo a quella vecchia foto con un vecchio padre malato  (la prima e ultima partita che vide dal vivo del figlio nella sua squadra del cuore) cala un velo di tristezza come se quella immagine sintetizzasse l’essenza d’un duro tragitto per il giovane Adrien. Quasi una lotta contro il fato. Non solo perché stava perdendo definitivamente il padre, ma perché finiva definitivamente fra le braccia di qualcun altro.