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La bocciatura di Mancini sarà stata pure di natura tattica, però è rimasta. E un po' avrà fatto male, a Bernardeschi, che aspettava questa pausa delle Nazionali consapevole di dover dare una marcia in più alla sua storia con l'azzurro e indirettamente a quella con la Juventus. E invece, il Fede si è fermato al palo (con l'Armenia) e la fede in lui pian piano sta vacillando, anche nei tifosi meno scettici sul suo talento. E' però indubbio che la Nazionale abbia riconsegnato un Bernardeschi a metà: da una parte tutto quello che ha dato, dall'altra tutto quello che potrebbe fare. Universi paralleli, che non sanno ancora come incontrarsi. 

ASPETTANDO, ANCORA - Corsa, abnegazione, carattere e pure carisma. Sull'applicazione, Federico è un mastino che sbaglia poche volte la partita. E' la confusione ad allontanarlo dalla zona decisiva del campo: perché negli ultimi trenta metri, pure venti, le scelte sono sconclusionate e raramente portano a qualcosa di realmente importante. Mai decisivo, Berna? Ingeneroso, ricordando la sua prestazione contro l'Atletico Madrid (oh, dista appena cinque mesi): ma sì, chiaramente lontano da una continuità sotto porta che avrebbe potuto consacrarlo a livelli completamente diversi da quelli in cui ora sguazza. Era una gran bella occasione, quest'Italia senza Insigne ma con un Mancini molto fiducioso: a Torino tornerà a metà. Consapevole di aver dato tanto, ma di non aver smosso l'opinione pubblica. Ancora.