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Il problema resta il ritmo. E precisamente: il suo ritmo non ha la mezza misura che vuole Sarri. Troppo forte o troppo piano, il primo impatto di Adrien Rabiot. Titolare e investito di un ruolo fondamentale (che per lui è come un vestito su misura), ma ancora e giustamente alle prese con le misure, le dinamiche, le idee e... le traduzioni. Parla fitto con Matuidi, amico e aiutante in un centrocampo forse non ancora pronto a toccare i mille palloni da sarristi puri. Però c'è una bozza di gioco e c'è un bozzolo di calciatore: presto si schiuderà il suo talento. Che resta sconfinato. 

CON SARRI - Ma cosa gli chiede, l'allenatore? C'è un'immagine brava a raccontare l'attenzione che Sarri non gli toglie neanche per un istante: intorno alla seconda metà del primo tempo, Adrien sbaglia un'uscita e il tecnico s'arrabbia fino a maledirlo. Sa bene, Maurizio, che il giro palla tanto decantato può e deve passare dalle intuizioni del francese. Super in interdizione, ancora acerbo nello scollinamento della prima linea di pressione. Il passo è quello, eh. Varia come un elettrocardiogramma pazzo, ma è il contenuto a fare la differenza. Insieme al contesto. Sostanzialmente, quello che conta davvero, è che da mezzala fa bene. Da centrale pure. E quella percussione centrale, quando poi si libera per il tiro parato da Padelli, è la posizione in cui dovrebbe sempre bazzicare. 

IL RIGORE - Alla fine, Nino ha avuto paura. Ha sbagliato il calcio di rigore e si è messo le mani tra i capelli, segno universale d'incredulità mista a preoccupazione. Un sorriso di Buffon l'ha confortato, la vittoria ha sicuramente alleggerito. Ma concretamente Adrien si congeda dalla Cina con una buona luna e indicazioni ampiamente auspicabili. Sarà un perno della sua nuova squadra: a fine luglio non poteva ottenere di più. Certo, ora ci sono un po' di fasi da migliorare. Soprattutto, un pensiero da velocizzare. Il colpo, comunque, si rivela grande.