Evitare lo psicodramma non era importante, considerata la situazione: era l'unica cosa che contava. E alla fine la Juventus ha saputo emergere dalle proprie paure, dimostrando a se stessa che con la forza dei nervi (in attesa di quella delle idee) si può andare ancora lontano. Si può riscrivere pure una direzione unica.
E' stata tutta qui, questa gara: nella reazione. Che non era scontata, che è stata forte. Come forte resta la sensazione di sfiducia in questi ragazzi, ormai palpabile da un po'. Se la Juve fosse stata una squadra forte, il primo e il secondo colpo del Taty Castellanos non sarebbero arrivati. Non avrebbe perciò ballato sul filo di una difesa da brividi. Ammesso e concesso il primo errore, sarebbe subito tornata a macinare azioni.
Non ci sono tanti pugili all'angolo che, suonati, rialzano la testa e non si accontentano di andare al round successivo. Allegri lo sapeva e alla fine ha osato. Il movimento prevedibile di Cambiaso si è trasformato nell'irruenza di Weah, pronto a dare più ritmo. Il guizzo di Chiesa si è accompagnato a Yildiz. E Milik, ecco, ha fatto quello che Vlahovic aveva smarrito in quel suo costante innervosirsi: ha attaccato l'area. Qualcuno direbbe: cose semplici.
Ci sono un po' di immagini da prendere, dicevamo, al di là del risultato. La rabbia di chi è uscito - e non era successo, non così platealmente -, gli orrori della retroguardia, il giropalla sterile e lento, il soldato Locatelli da salvare. Ma stasera, almeno stasera, solo per stasera, il cielo sopra Roma indica un'altra possibilità per la Juventus. Per riannodare il filo con la vittoria. Per non vivere più di passato, rendendo giustizia pure al presente.