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Aver visto la Juventus “rosolare” a puntino e poi banchettare a spese degli avversari tedeschi non ha fatto altro che confermare ciò che azzardammo prima ancora che la stagione in corso avesse inizio. In tempi non sospetti scrivemmo che i tifosi bianconeri quest’anno avrebbero dovuto “sopportare” due differenti situazioni. La squadra in opera nel nostro campionato si è limitata, sino ad oggi, a svolgere il compitino per ottenere il minimo sindacale. Quella ammirata specialmente ieri sera in Champions ha saputo offrire ben altre soddisfazioni soprattutto per ciò che riguardato il gioco espresso. Preso atto di questo, la domanda che ci si deve porre è legittima. Esistono due Juventus? La risposta è no.

Dopo la scorpacciata di scudetti senza soluzione di continuità nelle stagioni precedenti, era  persino fatale oltrechè comprensibilmente logico che la Juventus iniziasse la sua corsa attuale con uno spirito diverso dal recente passato e con in testa un obbiettivo ben preciso. Vincere o perlomeno tentare anche l’impossibile pur di riuscirci quella Coppa che, per ragioni variegate, da troppo tempo risulta essere una chimera. Lo vuole la società, in primis, lo vogliono i tifosi, stanchi di aspettare, lo vogliono gli stessi giocatori i quali sanno perfettamente di venir pagati sontuosamente per il raggiungimento di questo traguardo quasi irrinunciabile.

Non esistono, comunque, due Juventus. La verità, sempre confutabile per carità, è che in lei ci sono due anime pulsanti. La prima, quella che consente alla squadra di confrontarsi in campionato con uno spirito certamente professionale, ma “affamato” in maniera soltanto accettabile. La seconda quella che, non soltanto a livello inconscio, spinge i giocatori ad affrontare gli impegni di Champions con tutto il furore necessario e con i famosi occhi da tigre di chi non vuole lasciarsi sfuggire la preda. Non vi è proprio nulla di strano in questo tipo di comportamento. Così come non vi sarà niente di strambo e di particolarmente eccezionale se, alla fine di questa nostra fiera casalinga, fosse l’Inter di Conte a rilevare l’eredità “lasciata” da una Juventus la quale, almeno si spera, avrà un motivo ben più importante e prestigioso per fare festa grande.