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Il principale segno distintivo della Juventus, fin dal giorno della sua fondazione, è sempre stato quello della classe. Una qualità innata, ben differente dallo stile che si può apprendere strada facendo, esplicitata anche nelle situazioni più complesse e chiacchierate da quella dirigenza che faceva capo a Gianni Agnelli.

L’Avvocato, pur non essendo certamente un santo o un benefattore, possedeva il tipo di intelligenza indispensabile per non cadere nella trappola di quel vittimismo schizofrenico che spesso e che da sempre è servito a tanti presidenti per giustificare errori e omissioni di varia natura. La Juventus di prima generazione, dunque, poteva essere invidiata e anche odiata per la sua forza dirompente di società quasi perfetta i cui risultati sul campo erano lo specchio fedele della filosofia e dell’etica sportiva praticata dal suo “dominus” Gianni Agnelli e preservata dal suo custode Giampiero Boniperti. Poi, un giorno, arrivò la “triade” e la “classe Juventus” si tramutò in “stile Juventus”. Il frutto di quella trasformazione, purtroppo, lo conosciamo tutti e il suo ricordo provoca ancora oggi un bel po’ di dolore.

La Juventus, in ogni caso, continua giustamente e legittimamente a esistere come esempio pilota, in campo e fuori, per l’intero movimento calcistico. E’ dunque naturale e direi fatale che la società bianconera venga osservata e analizzata al microscopio ogniqualvolta sorge il sospetto che qualche meccanismo si sia inceppato e che alcune cose non siano più in linea con quella che dovrebbe essere l’etica dello sport oltre la pericolosa asticella del profitto finanziario ed economico. Se la Juventus, insomma e come è vero, è la portabandiera del calcio italiano nel mondo ogni tipo di indagine deve necessariamente partire da lei in quanto custode di uno sport il quale non dovrebbe avere lati oscuri o nefandezze da nascondere.

Allo stesso modo è naturale e fatale che, rappresentando il “top” dell’intero panorama calcistico, la Juventus attiri le mosche come un vasetto di miele per scopi che di sportivo hanno proprio nulla. Accade, perlomeno nel nostro problematico Paese, rispetto ad ogni evento e a ciascuna situazione sulle quali il malaffare può pensare di lucrare e non poco a proprio vantaggio. Dalla costruzione degli stadi “mondiali” all’Expo di Milano con in mezzo tutta una serie di piccoli o grandi eventi nei quali mafia o ‘ndrangheta hanno tentato di mettere le loro mani talvolta con successo. Fortunatamente, anche se talvolta i risultati non sono stati positivi, qualcuno ha sempre avuto il coraggio di indagare per poi denunciare o comunque mettere sull’avviso i naviganti sul clima di tempesta provocata non da elementi naturali ma da esperimenti di laboratorio.

E’ esattamente ciò che stanno tentando di fare i colleghi di Report indagando sul pantano che circonda la Juventus la quale anche se si rifiuta ufficialmente di ammetterlo è la prima vittima e quindi incolpevole di un sistema ricattatorio che coinvolge l’intero mondo del calcio. Lo scopo dell’inchiesta, molto avvincente e seria, di Report è chiaro. Aprire la grata del tombino attraverso l’entrata principale per fare i modo che i responsabili del movimento intervengano con una bonifica radicale e globale.

Accusare i colleghi che stanno operando in tal senso di essere terroristi antijuventini mi pare quantomeno sciocco oltreché ingiusto. Nessuno vuole colpire la Juventus, semmai disinfestare il calcio intero da quella malavita organizzata che è peggio del cancro. E per farlo è necessario che l’operazione debba partire dal “paziente” più eccellente. Coloro i quali non comprendono il senso di questo impegno sociale oltreché sportivo e che si professano tifosi bianconeri nel migliore dei casi sono ultras khomeinisti con le fette di salame sugli occhi, incapaci di apprezzare chi si batte per la verità senza colori e senza bandiere.


@matattachia