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Il ricordo dell'ultima partita, ormai, è solo che un vago e nebuloso pensiero. Se non fosse per la cocente sconfitta, che brucia ancora, contro il Lione, sarebbe facile dimenticarsi della Juve: anzi, sarebbe quasi un piacere, visto il momento di forma non brillante dei bianconeri prima che il coronavirus entrasse a gamba tesa sul calcio italiano. Una squadra un po' opaca, che però in questa lunghissima attesa, si è trovata per forza a fare i conti con se stessa: ora, che sembra tutto andare verso un mese di silenziosa anormalità, la Juventus si gioca tutto. Tutto, almeno, quel che c'è da giocare in una stagione che passerà alla storia per altre ragioni, molto probabilmente, e non per il campo. Così, comincia un mese di fuoco, lo stesso richiesto dal Governo allo sport: porte chiuse, silenzio appunto, forse un po' troppo riflessivo come futuro.

Già, perché la Juventus ha sì di che pensare, ma di sicuro non deve farlo nei novanta minuti di gioco. Contro l'Inter, già da domenica o lunedì che sarà, ma anche contro il Lione, il 17 marzo: due date in cui mancherà il supporto del proprio pubblico, sugli spalti dell'Allianz. Non si può mettere il proprio tornaconto personale davanti a ragioni che superano i confini addirittura nazionali, perciò, l'appunto non è tanto sulla mancanza di tifosi. Già, perché per quanto male faccia al cuore vedere uno stadio vuoto, dobbiamo comunque considerarci fortunati che lo sport sia ancora in piedi, anche se con tutte le misure cautelative del caso. Quel che preme, sarà lo stato d'animo delle squadre in campo, dei bianconeri, ma anche di tutte le avversarie: una situazione paradossale, mai vissuta, che sicuramente avrà influito sui giocatori. Professionisti, certo, ma pur sempre esseri umani. Così sarà "bello" vedere come, in un momento così delicato, la Juventus si troverà ad affrontare le date più importanti di una stagione che, inevitabilmente, non potrà mai essere ricordata come "una qualsiasi".