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L’amarezza e la delusione sono profonde e non svaniranno in fretta. Probabilmente contamineranno anche la stessa festa dello scudetto che dovrebbe andare in scena subito dopo la prossima partita di campionato con la Fiorentina. L’unico e autentico obbiettivo della stagione per il cui raggiungimento avevano lavorato la società e la squadra è stato mancato. L’ennesima esclusione da quella Champions sempre più “maledetta” per i bianconeri fa male. Soprattutto perché determinata da oggettive responsabilità degli stessi giocatori della Juventus oltreché dai grandi meriti dei sorprendenti e assatanati avversari olandesi. Un trauma che lascerà imbambolati per un bel po’.

Il popolo bianconero non è incazzato. È semplicemente molto triste. Ma la questione non riguarda soltanto la tifoseria. I dirigenti, ora, staranno facendo i conti e vedranno che non tornano. Il massiccio impegno economico e finanziario che era stato impiegato per investire sulla Champions in maniera redditizia si è dimostrato inutile. Uscire ai quarti di finale significa raccogliere le briciole di un “tesoro” sul quale la società aveva fatto affidamento sulla carta per poter affrontare il futuro senza eccessivi assilli di denaro. Si sa che la forza di una squadra è direttamente proporzionale a quella dell’azienda alla quale fa capo. Ai tifosi, giustamente, questo tipo di problema interessa poco o niente. Ma, realisticamente, è proprio da questo punto che si dovrà ripartire tenendo conto che una Juventus più “povera” non può essere anche una Juventus meno forte.

La tentazione di avviare un processo di rivoluzione potrebbe, ora, manifestarsi tra i pensieri del presidente Andrea Agnelli e del suo staff. Cedere a questo tipo di soluzione radicale sarebbe inutile e anche dannoso. La Juventus non ha bisogno di essere rivoltata come un pedalino e neppure rifondata. Occorrono certamente alcuni correttivi sostanziali, ma le basi sulle quali poter lavorare non vanno toccate. Partendo, a mio avviso, dall’allenatore. Massimiliano Allegri, che ieri naturalmente non era in campo, viene da sempre accusato di tatticismo estremo e di mancanza di fantasia tattica. Fermo restando che non esiste un solo allenatore al mondo capace di riunire dentro di sé tutte le qualità di tecnico perfetto, il mister livornese ha fin qui portato negli anni la sua squadra a polverizzare ogni record in Italia. Il fatto che la Juventus in Europa non riesca a realizzare altrettanto non dipende dalle direttive della panchina ma dalle qualità dei giocatori. Soprattutto quelle morali e passionali che un allenatore può suggerire ma non infondere con una flebo. In molti vorrebbero il ritorno di Conte. L’esperienza e la storia insegnano che le minestre riscaldate non provvedono quasi mai a placare la fame.

Altre semmai sono le questioni sul tappeto. Una su tutte quella legata al nome di Ronaldo. Il campione portoghese sarà, in questo momento, il più addolorato di tutti. Bene o male la Juventus lo aveva ingaggiato per vincere la Champions e lui ne è sempre stato consapevole. Il rischio che CR7, deluso dal finale inatteso, possa essere tentato di abbracciare altre situazioni professionali e lasciare i bianconeri in braghe di tela non è poi così fantascientifico. Lo dovranno convincere che alla fine non è accaduto nulla di irreparabile e che, in ogni caso, potrà porre rimedio la prossima stagione. In caso contrario sarebbe un bel guaio.

Altri, ma non tantissimi, i nodi da sciogliere. In primo luogo, quello di Dybala la cui posizione (non solo in campo) e diventata un caso psichiatrico. Penso che verrà congedato. Mi auguro non per Icardi, semmai per quel grande professionista e ragazzo per bene di Chiesa. Poi c’è Pjanic il quale, francamente, è giocatore di indiscutibile classe il quale troppo spesso va in blackout con quell’espressione sulla faccia sempre uguale, triste e assente. Infine, la difesa che senza Chiellini in mezzo ne combina spesso di tutti i colori. Ma Chiellini non potrà essere eterno e in assenza di un gladiatore anche Bonucci e Rugani vanno nel pallone. Urge correre ai ripari ma non mettendoci una pezza.

Sul resto si può discutere all’infinito e giocare al fantacalcio come più si desidera. Ma le mosse fondamentali sono queste anche perché non è vero che, come sostiene Marotta da sponda Inter “Il ciclo della Juventus è finito”. Semmai è quello dei nerazzurri che deve ancora cominciare. Dunque, senza perdere la testa e senza la necessità di prefigurarsi delle rivoluzioni, la Juventus deve ripartire da se stessa.