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E’ vero: gli ultimi due rigori contro la Juventus sono assai discutibili ed è altrettanto vero che siano stati gravidi di conseguenze nella partita disputata contro il Milan. Senza il cervellotico fischio contro De Ligt, il centrale difensivo sarebbe stato in campo a San Siro, senza il rigore sanzionato a Bonucci (pallone schizzato sul braccio in corsa, a 50 cm da Rebic che tocca prima) è probabile che la partita avrebbe preso un’altra piega. Probabile, ma non certo. Certo, se fosse successo l’opposto a favore dei bianconeri si sarebbero alzate urla d’indignazione, così invece: tutto regolare, “tutto va bene, madama la Marchesa”.

Questo, però, non deve far indulgere né all’autocommiserazione, né al sospetto che si faccia di tutto per lasciare uno spiraglio aperto. A cosa? Alla possibilità che il prossimo non sia l’ennesimo scudetto juventino. Lo capiamo, anche se non lo approviamo: nove di seguito sono troppi, troppa rischia di essere la distanza con le altre squadre, troppa la monotonia (in barba ad ogni considerazione sportiva) di un solito, “perenne” vincitore. Se non ce la fa l’Inter, ce la potrebbe fare la Lazio, ma il tonfo biancoceleste lima drasticamente le speranze. Allora resta aperto il lumicino, che assomma non i tifosi, bensì tutti gli antijuventini d’Italia: l’Atalanta. Lo scudetto ai bergamaschi lenirebbe le pene di tanti: laziali, interisti, milanisti, romanisti, napoletani…

Resta il fatto che la Juve ogni tanto ci mette del suo per riaprire le speranze, legittime, delle inseguitrici. A San Siro, si è ripetuta qualcosa che in questi mesi è accaduta sovente. Mettiamoci pure un comprensibile errore sui cambi di Sarri (decisi molto tardi), mettiamoci anche una certa sarresca mancanza di duttilità che si traduce in rigidità tattica ( saper cambiare registro su un due a zero nel secondo tempo non è difensivismo allegriano ), ma una sola manciata di minuti per perdere totalmente l’identità e precipitare nel vuoto, risulta davvero singolare. Era già avvenuto contro il Napoli, che recuperò, in poco, tre goal; era già successo, in seguito, in altre partite di questo campionato. Accadde anche in anni passati contro la Fiorentina e contro il Bayern, ma ora avviene con una frequenza maggiore. Perdere si può, anche quando si è in vantaggio, però un clic e poi il buio assoluto fanno una certa impressione. Eppure non era, da sempre, la Juve la squadra più cinica e calcolatrice?

Ora, per la gioia di molti tifosi forse viziati dalle troppe vittorie, la Juventus ardisce maggiormente, come se l’imperativo fosse quello di osare sempre, di non conoscere diversivi, attese, mezze misure, pause. Coraggiosa e imprudente, conosce un solo modo, un solo atteggiamento: tenere sempre il pallino del gioco. Ma ha gli uomini giusti per tale concentrazione e dispendio d’energie? Sì, è diventata capace di tutto: di toccare in una partita vette altissime e di precipitare, velocemente, in basso. In novanta minuti “a volte nella polvere, a volte sull’altar”.