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La Juve ha sempre avuto un’anima italiana. Anche quando campioni e brocchi provenienti dall’estero hanno invaso il nostro calcio, e l’Inter - ad esempio - schierava formazioni quasi interamente di stranieri, i bianconeri conservavano una connotazione molto azzurra, fatta in casa. Su questa base è stata costruita la squadra che, cambiando una parte degli uomini, ha vinto nove scudetti di fila: Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Pirlo, Marchisio e tanti altri che magari hanno resistito qualche anno e poi se ne sono andati. Un insieme di nostri calciatori ai quali si aggiungevano campioni d’importazione, i quali rappresentavano il tocco di classe in più da aggiungere a un’anima nazionale solidissima.

Dopo una progressiva riduzione del numero di calciatori di casa nostra, nella scorsa stagione si è forse raggiunto il minimo storico. L’unico italiano (quasi) sempre titolare è stato Bonucci; Chiellini è stato infortunato per lungo tempo, Chiesa si è dovuto conquistare il posto. Pirlo ha avuto la Juve meno azzurra di sempre, paradossalmente proprio nell’anno del trionfo della Nazionale agli Europei. Anche per questo l’operazione Locatelli è fondamentale.

Può sembrare un dettaglio, ma non lo è. L’anima italiana della Juve spesso ha fatto la differenza: senso di appartenenza, coinvolgimento emotivo, conoscenza dell’ambiente e del nostro calcio. Attorno a un nucleo nazionale, è indispensabile avere fuoriclasse internazionali (anche perché il nostro calcio, nonostante il trionfo all’Europeo, ne produce pochi). Ma le fondamenta, quelle devono essere indigene. Perso Donnarumma, serve dunque Locatelli. Perché può diventare un grande centrocampista e perché è italiano.

@steagresti