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Nell’agosto del 1991 l’imprenditore siciliano Libero Grassi venne assassinato dalla mafia perché aveva deciso non di pagare più il pizzo e aveva denunciato alle autorità i responsabili del braccio armato inviato da cosa nostra per le estorsioni. Da quel giorno la vittima della malavita organizzata divenne il simbolo di eccellenza per tutti coloro i quali, non soltanto in Sicilia ma in tutta Italia, venivano ricattati e depredati dagli uomini delle cosche.

Un episodio importante di singola ribellione che servì in una certa misura ad aprire una falla nel sistema mafioso e che, nel tempo, riuscì a servire da esempio per tutti gli uomini onesti i quali non sopportavano oltre la violenza psicologica e pratica alla quale venivano sottoposti da uno Stato delinquenziale che si era sostituito allo Stato legittimo.

Sono trascorsi un bel po’ di anni da allora senza che questa piaga sia stata disinfettata e guarita. Laddove esiste una qualsiasi fonte di produzione economica di un certo livello ecco comparire le inquietanti e biche figure degli esattori inviati dall’anima nera mafiosa o ‘ndranghetista o camorrista per la serie o la borsa o la vita. Una gramigna difficile da estirpare perché la paura di dover pagare prezzi altissimi e di farli pagare alle proprie famiglie fa da freno a mano magari comprensibile ma non più giustificabile.

Il mondo del calcio, cresciuto in maniera smisurata come fonte di guadagno illecito, da almeno venti anni rappresenta un terreno sempre più fertile e florido per le strategie delle organizzazioni malavitose. I giornalisti della trasmissione Report lo scorso anno avevano pubblicamente denunciato questa situazione insostenibile anche se non erano riusciti a fare un distinguo netto tra vittima e carnefice. Ora non ci sono più dubbi. La vittima, in questo caso la Juventus, ha avuto il coraggio di fare come Grassi e di denunciare il ricatto. I carnefici, alcuni di loro perlomeno, sono così caduti finalmente nella rete della giustizia.

Non è certo la fine della storia. Anzi si tratta solamente dell’inizio della prima battaglia che prevederà una guerra lunga e dai risvolti al momento inimmaginabili. Perché la testa del serpente non è stata mozzata e il corpo della bestia, rigenerandosi, tenterà certamente di reagire in qualche modo. L’importante era comunque partire dando vita all’operazione di bonifica. Lo ha fatto la società più importante e anche più ricca del nostro calcio dimostrando che oltre a un limite ben preciso non è possibile andare e che alla resa dei conti non si deve più aver paura di aver paura.

Immaginiamo e anzi siamo convinti che il sistema mafia-ultras non sia in funzione soltanto per la Juventus e che per contare le vittime non bastino le dita delle due mani. Da adesso in avanti però, anche grazie al lavoro degli inquirenti e della magistratura, ciascun ricattato dovrà sentirsi in dovere di seguire la strada tracciata dalla società bianconera. Senza se e senza ma perché soltanto in questo modo è possibile tentare di contrastare e possibilmente di scardinare il sistema che, sotto copertura di un tifo inesistente, ammorba un patrimonio che spetta in esclusiva alla gente per bene. Cioè alla stragrande maggioranza.