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Chi l’avrebbe mai detto che alla fine di due anni di cambiamenti, rivoluzioni e restaurazioni - Sarri, Pirlo e Allegri II - il salvatore della patria sarebbe stato Chiellini. Per carità: stima, riconoscenza eterna al carattere, alla fedeltà, all’intelligenza. Anche in Nazionale è un punto fermo, ma alla Juve non doveva essere il capitano da 20 partite, magari l’allenatore in panchina, l’uomo da spogliatoio, esempio di abnegazione, volontà, concentrazione per i giovani? L’esemplare con segnatore del testimone, insomma, da centellinare.

Invece è lui la cura per una difesa in confusione, a cominciare dal portiere (già, anche qui: perché lasciar andare Buffon?) per continuare su terzini ormai da tempo problematici e finire con De Ligt, il quale continua a essere un ottimo giocatore “per l’età che ha”, non in assoluto. Feriti e disillusi, causa l’inizio catastrofico e le pesantissime assenze FIFA (in Spagna per questa ragione non rimandano le partite di campionato per renderlo, come dire, più regolare?), a Napoli il Cristo salvatore è lui: Giorgio. Ci vorrà una prestazione di carattere e puntiglio, non di vagheggiamento tecnico. Insomma, dimentichiamo il fioretto e sfoderiamo la spada d’un vecchio guerriero, ma fino a quando sarà possibile? Fino a quando sarà possibile continuare a ritenerlo il presente e il futuro della squadra?

Siamo arrivati a questo punto dopo una serie di errori a catena, per limitarci alla difesa, che partono da lontano, ben prima del breve regno Paratici. Dal super-contratto a Rugani, dal disinteresse per il terzino sinistro (tanto all’occorrenza ci sono Cuadrado o Danilo) fino alla chiara involuzione di Alex Sandro, potente al suo arrivo, scolastico adesso, convinti, che sarebbe bastato De Ligt a risolvere tutto. E invece De Ligt è ancora dietro a Chiellini, oggi è ancora meno necessario di lui. Sì, non ricominciamo da tre. Ricominciamo da uno: Chiellini. E dal suo carattere.