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Ma perché a Napoli non ne possono fare a meno? Parlano più della Juventus che della loro squadra.Muore Maradona e i tifosi intonano cori contro i bianconeri. Vincono una partita (in casa contro la Roma) e ammoniscono: “Alla Juve gli è andata bene a non giocare contro di noi perché avrebbero perso!” Alla Juve? Ma è la loro squadra che non ha voluto scendere in campo.

Il rimpianto sale una settimana sì, una no: dopo l’Atalanta e il Milan (due sconfitte) tutti zitti; dopo una vittoria, all’arrembaggio. La morte di Maradona ha proiettato Napoli nella disperazione e nell’ esaltazione, in un'elaborazione del lutto fragorosa, identitaria, assoluta. Maradona è affar loro, almeno in Italia. Qualsiasi, non diciamo critica, ma osservazione su questo fenomeno mondiale, se non è incensatoria li fa infuriare. Maradona, personaggio controverso, può essere solo santo. Santo? Nemmeno. Può essere solo Dio. E ogni dubbio in proposito è da molti tifosi napoletani considerato una bestemmia, una blasfemia dissacrante foriera di ogni ritorsione, anche sul piano personale.

Prendete Cabrini: “Se Maradona avesse giocato nella Juve, non sarebbe morto perché l’amore di Napoli è stato tanto forte e autentico quanto malato”. E’, diciamolo, una sciocchezza generica, basata sul “se”, che soprattutto non tiene conto della compulsività maradoniana, incoercibile ad ogni misura e ad ogni regola. E, infatti, Cabrini s’è scusato dicendo come non volesse essere, il suo, un giudizio morale, piuttosto una notazione sull’ “irresistibile energia di una città che non poteva contenere la passione”. Le cronache di allora, e non solo, parlano di un Maradona fuori dal campo, smodato e libertino; di un satrapo ludico e di una Napoli ai suoi piedi, ma non crediamo che Torino l’avrebbe regolato davvero.

Per ribattere a quest’osservazione un Ferlaino furibondo (lui acquistò nel 1984 il campione argentino) non ha saputo dir altro: “E quel giocatore della Juve che si è suicidato? A Napoli non sarebbe mai successo”, con chiaro riferimento alla tragica vicenda di Pessotto, il quale però è ancora vivo. Quindi, ci dispiace per Ferlaino, il giocatore juventino non si è “suicidato”, anzi la società si è stretta attorno a lui con un aiuto vivo e concreto. Ma il Presidente del grande Napoli, forse avvertito di aver ceduto ad un eccesso di “sensibilità”, ha ritratto la mano, dicendo di non aver fatto il nome di Pessotto. Ha solo detto: “Che se a Torino qualcuno si butta dalla finestra, a Napoli non può succedere, perché è la città dell’allegria, dell’amore, della felicità”. Ha ragione: sole, pizza, amore… tuppete-tà.