7
Una sconfitta che fa rumore, più di quanto non sia stato contro il Napoli. Già, la sconfitta della Juventus nella trasferta di Verona ha lasciato meno spazio alle polemiche, ma molto di più alla rabbia. Infatti, se nel dopo partita di Napoli, parte delle discussioni si sono concentrate sulle parole di Maurizio Sarri, quanto piuttosto sulla partita - che non si deve, ma che si può perdere - i punti persi a Verona lasciano l'amaro in bocca che si prova non solo quando si è delusi, ma anche quando si è consapevoli. Consapevoli che questa squadra sta raccogliendo punti più per le capacità individuali dei giocatori che non per un gioco di sistema. Sembra quasi che, nell'epocale passaggio di testimone da Massimiliano Allegri a Sarri, il gruppo sia rimasto sospeso a metà, tra la nostalgia e l'impossibilità di cambiare. 

Infatti, la mano di Allegri non c'è e si vede. Ma neppure quella di Sarri, e si vede anche questo. Non solo per la sconfitta, che per quanto sia la seconda ravvicinata, può sempre essere legittimata dalla prestazione. No, quello che non piace della Juventus è proprio il limbo in cui sembrano muoversi per il campo i giocatori: un limbo tattico, di chi fa veramente fatica a convivere con la diversità. E Sarri, che ha tanti difetti caratteriali anche gravi, ma di calcio ne capisce tanto quanto Allegri, ha provato a lanciare i suoi messaggi. Il problema dei gol da situazioni di vantaggio, ha affermato il tecnico, sottintendono un problema di mentalità. La squadra non riesce ad adeguare le sue caratteristiche ad un determinato tipo di gioco, quello di Sarri, che chiede sì possesso e palleggio, ma trenta metri almeno più avanti di quanto non si sviluppi ora sul campo. A quel punto, i pericoli che la Juventus potrebbe correre durante una partita, si ridurrebbero sensibilmente. 

Perché si costringe gli avversari ad attaccare con trenta metri di campo in più, ma anche perché è più facile aggredire per recuperare palla. Concetti quasi opposti a quelli di Allegri, molto più remissivo se c'è da alzare il baricentro, ma anche più restio a concedere qualsiasi tipo di ripartenza. Così, il fraseggio sarriano viene quasi contaminato dalla storia recente della Juve, ne esce fuori un ibrido che, per forza di cose, trae i difetti dell'una e dell'altra filosofia di gioco. Insomma, come svegliarsi da un sogno, quando c'è un momento di assoluta incertezza: sto sognando o sta succedendo davvero? Ecco, la sindrome di una Juve addormentata è proprio questa; non riuscire a distinguere tra ricordi e realtà, tra vero e vissuto.