Infatti, la mano di Allegri non c'è e si vede. Ma neppure quella di Sarri, e si vede anche questo. Non solo per la sconfitta, che per quanto sia la seconda ravvicinata, può sempre essere legittimata dalla prestazione. No, quello che non piace della Juventus è proprio il limbo in cui sembrano muoversi per il campo i giocatori: un limbo tattico, di chi fa veramente fatica a convivere con la diversità. E Sarri, che ha tanti difetti caratteriali anche gravi, ma di calcio ne capisce tanto quanto Allegri, ha provato a lanciare i suoi messaggi. Il problema dei gol da situazioni di vantaggio, ha affermato il tecnico, sottintendono un problema di mentalità. La squadra non riesce ad adeguare le sue caratteristiche ad un determinato tipo di gioco, quello di Sarri, che chiede sì possesso e palleggio, ma trenta metri almeno più avanti di quanto non si sviluppi ora sul campo. A quel punto, i pericoli che la Juventus potrebbe correre durante una partita, si ridurrebbero sensibilmente.
Perché si costringe gli avversari ad attaccare con trenta metri di campo in più, ma anche perché è più facile aggredire per recuperare palla. Concetti quasi opposti a quelli di Allegri, molto più remissivo se c'è da alzare il baricentro, ma anche più restio a concedere qualsiasi tipo di ripartenza. Così, il fraseggio sarriano viene quasi contaminato dalla storia recente della Juve, ne esce fuori un ibrido che, per forza di cose, trae i difetti dell'una e dell'altra filosofia di gioco. Insomma, come svegliarsi da un sogno, quando c'è un momento di assoluta incertezza: sto sognando o sta succedendo davvero? Ecco, la sindrome di una Juve addormentata è proprio questa; non riuscire a distinguere tra ricordi e realtà, tra vero e vissuto.