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La Juve degli ultimi anni non è nuova ad imprese eroiche come quella di ieri sera. Contro i campioni d’Europa, rinforzati nientemeno che da Lukaku, ancora una volta senza due uomini importanti quali Dybala e Morata (anche se ai londinesi ne mancava uno altrettanto rilevante), reduce da prestazioni domestiche incerte, era data per spacciata.

Nessuno avrebbe scommesso un centesimo su una squadra confusa e senza identità. “Confuso” si dichiarava anche Allegri nel prepartita. Ora tutti dicono che lo faceva per scherzo, per prendere in giro la compagnia dei suoi critici sempre più numerosa. Ma alla sua confusione ci credevano e ci credevamo tutti.

Ci potremmo divertire dicendo che, quest’anno, appena vediamo una bandiera britannica, ci trasformiamo. Non bastano Berrettini trionfatore al Queen’s contro Norrie, le Olimpiadi, gli Europei… l’Italia è riuscita a battere gli inglesi anche nel cricket! Fatto sta che, a parte le portentose alchimie tattiche dell’allenatore labronico, con una fisarmonica di 6/7 giocatori nella propria area e addirittura un Bernardeschi alternativamente falso e vero “nueve”, la Juve ha tirato fuori una concentrazione e una grinta, appunto, eroiche. Lo aveva già fatto nel famoso ritorno a Torino contro l’Atletico, a Madrid col Real e anche nella finale di Champions 2015 contro il Barcellona, che ebbe protagonista in negativo l’arbitro turco Cakir.

All’epoca, l’evidente rigore ai danni di Pogba non venne stigmatizzato più di tanto. Ora, guarda caso, dopo il suo pessimo arbitraggio in Milan-Atletico, Cakir viene bacchettato. Da un po’ di tempo, comunque, la Juventus ci sta abituando a impennate e cadute incomprensibili, come se tutto ciò che fosse abbordabile diventasse insormontabile e viceversa.
Ricorderete le sconfitte contro Ajax, Lione e Porto, tutte squadre comprensibilmente definite, al momento, fra le più abbordabili. Lo scorso campionato i bianconeri veleggiarono nel segno delle amnesie, Udinese e Empoli sono dell’ altro ieri, mentre sia col Napoli, sia col Milan i bianconeri hanno giocato assai meglio.

Da quasi tre anni e con tre allenatori diversi, resta l’impressione d’una squadra vittima d’una ciclica intermittenza, sempre tra “altari” e “polveri” di manzoniana memoria. Col paradosso di essere troppo spesso più forte coi forti, e più debole coi deboli. Lo Zenit San Pietroburgo sarà un’ennesima cartina al tornasole di questa strana sindrome da eroica ultima spiaggia oppure la Juventus riuscirà a essere concentrata e determinata anche contro avversari più abbordabili, che - non dimentichiamolo - almeno sulla carta, sono la maggioranza?