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Inciampa, caracolla, perde palloni apparentemente facili, corre con le braccia che sembrano due pendoli, ma quando arriva in area (accade raramente) ci sa fare. Kulusevski è ancora un “famolo strano del calcio”. Almeno da quando è alla Juventus.
Giocava meglio nelle giovanili dell’Atalanta, nel Parma? Sì, giocava meglio. Partiva, per lo più sulla destra, seminava centrocampisti, terzini e spesso dalla diagonale infilava di sinistro con un colpo di biliardo. Ogni tanto lo fa anche in bianconero. Ogni tanto. Sovente s’ingolfa a centrocampo, inciampa, si fa togliere la palla e per recuperarla commette fallo. Soprattutto, gioca sempre spalle alla porta come se avesse in uggia la progressione, il taglio, il triangolo da iniziare o da chiudere. Sta lì, guarda indietro e quando non fa passaggi harakiri verso la propria area, s’aggroviglia in maniera goffa perdendo il pallone.

Eppure è un “grande prospetto”, eppure ha potenzialità superiori, che per adesso però restano declinate al futuro, come se il talento non riuscisse a esprimersi, imprigionato in una improduttiva coazione a ripetere sconsolante. Da circa un anno e mezzo il film si ripete, sia pur con due registi (allenatori) diversi. La domanda è: sono Pirlo e Allegri a farlo giocare così, a chiedergli di fare una specie di mediano anomalo in mezzo al campo? Evidentemente sì, perché le corsie, alla Juve, sono occupate da altri. La squadra ha abbondanza di esterni e Dejan ai lati non trova posto o quando lo trova ci gioca per venti minuti, un quarto d’ora. Troppo poco, forse, per chiarirsi le idee, confuse da un altro ruolo che proprio non riesce a fare suo.

A meno che un anno e mezzo non basti per capirci qualcosa. Il ragazzo è giovane, darebbe il meglio di sé nelle incursioni in area più che nel fraseggio centrale, ma Pirlo prima e Allegri poi, come detto, sembrano obbligati a tenerlo lì, in mezzo al campo. Ieri, dopo il goal segnato, quasi non ci credeva. Era un po’ stupito. Lo hanno risvegliato gli abbracci più che entusiasti dei compagni come volessero confortarlo, anzi scuoterlo da una certa rassegnazione in cui sembra adagiato. D’altra parte se Allegri pare essere riuscito a rigenerare De Sciglio e Bernardeschi (ma qui il merito è anche di Mancini) perché non può accadere la stessa cosa con Kulusevski?