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Si sostiene, con ragione, che a contare siano principalmente i fatti. Però, talvolta, anche le parole possiedono una valenza importante. E quando accade che queste due situazioni coincidono il risultato è eccellente. Moise Kean, attaccante della Juventus e della nazionale, rappresenta l’esempio classico di questo teorema.

Ieri, contro la Lituania, con addosso la maglia azzurra ha inanellato una prestazione molto più che dignitosa corredandola con una rete al seguito della quale si è limitato a festeggiare con i compagni senza sentire il bisogno dimostrare i muscoli da macho. A commento, poi, della sua gara ha detto una cosa assai interessante: “Sto lavorando sulle gambe, ma ancora di più sulla mia testa”.

Fatti e parole che dovrebbero rasserenare l’umore di Massimiliano Allegri il quale a Napoli non può permettere che la Juventus perda una nuova partita o che rimedi una figuraccia. Poi ci sarà il Milan e i bianconeri in caso di debacle si ritroverebbero a fare i conti con una posizione di classifica umiliante e preoccupante.

Probabilmente e anzi certamente non sarà Kean a risolvere tutti i problemi della squadra bianconera. Malgrado il suo biblico nome di battesimo il giovane ivoriano di Vercelli non è in grado di aprire le acque del Mar Rosso. Però egualmente potrebbe essere in grado di surrogare con un certo successo il vuoto in fase realizzativa lasciato da Ronaldo.

La Juventus, dopo averlo allevato, aveva deciso di liberarsene per ragioni non tecniche ma caratteriali. L’impressione era che Moise Kean fosse destinato a ripercorrere in maniera conforme la strada già battuta da Mario Balotelli il quale oggi, in Turchia, può attribuire soltanto a se stesso e a quel suo essere cocciutamente ingovernabile la parabola di una carriera che avrebbe potuto essere luminosa. La consapevolezza di Kean impegnato nel lavoro su se stesso e sulla sua testa lasciano intendere che dalla balotellite si può guarire.