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#Juveout. E’ la parola d’ordine scattata post Supercoppa sui social, per adunare e sollevare contro la Juventus tutti gli anti. L’hashtag sta raccogliendo così tanti consensi da essere già diventato di tendenza. Ed è stata persino creata una pagina su Twitter.  

La richiesta è chiara: sbattiamo fuori la Juve. Anzi, se possibile, sbattetela fuori. L’invito rivolto alla FIGC è esplicito: penalizzatela, squalificatela, retrocedetela, radiatela. Insomma, fate qualsiasi cosa purché stavolta la togliete di mezzo, ma in modo definitivo.
#Juveout è la versione 2019 del “sentimento popolare” datato 2006. Una nuova Calciopoli in versione web, nella speranza che arrechi più danni di quella mediatica-giustizialista di 13 anni fa. Qualcuno, ora al Governo dell’Italia, ha dimostrato che attraverso la rete, se usata bene, si possono ottenere grandi risultati, e allora adesso ci riprovano a scatenare un altro putiferio, pur di affossare Madama. Perlomeno, questo è il desiderio.

Un’insofferenza latente, montata poco per volta nei precedenti 7 anni di vittorie bianconere e ora deflagrato subito dopo l’ultima Supercoppa vinta in Arabia, con uno degli avversari da sempre più avvelenati nei confronti della Juventus. Chiamasi “rivalità”, ma quando si esagera con le parole diventa “antipatia” vera, che trasuda dai volti, dal tono delle dichiarazioni dei protagonisti. E fa danni.
#Juveout è figlia del post-partita di Gedda, di chi non accetta i verdetti del campo e alimenta sospetti sulle vittorie altrui. Perché un conto sono i commenti viscerali dei tifosi, un altro gli sfoghi pesanti di qualche protagonista, di quelli che – in teoria – dovrebbero smorzare i toni e farsi promotore dei valori dello sport. C’è modo e modo di arrabbiarsi per una sconfitta ritenuta immeritata, dipende sempre da cosa dici. Sostenere però, in modo esplicito, che la conduzione di gara non è stata equanime, è un’accusa grave. La medesima che alimentò Calciopoli.

Nel 2004, dopo uno Juventus-Milan, si scatenò un identico casino nei confronti dell’arbitro Bertini (poi assolto dalla giustizia ordinaria e sportiva): venne accusato di non aver assegnato dei rigori solari al Milan, di aver fermato delle azioni d’attacco milaniste fischiando dei dubbi fuori-gioco e di non aver impedito, sempre ai giocatori rossoneri, di godere del vantaggio dopo delle azioni fallose. All’incirca, le stesse contestazioni fatte a Banti nel post gara di Supercoppa, anche stavolta dai milanisti.
Accuse assorbite poi come una spugna dal web, dando poi vita appunto alla campagna #JuveOut, che sta chiamando a raccolta e coalizzando gli antijuventini di tutta Italia. Per la serie, abbassiamo i toni.
O forse l’intenzione vera è proprio un’altra: alziamoli più che possiamo sti toni, magari qualcosa succede. Magari si apre un’altra inchiesta, magari stavolta è la volta buona che la Juventus la facciamo fuori per davvero.  Sentimento popolare alla riscossa!

Se le prove d’accusa nei confronti della Juventus sono il dubbio fuorigioco di Cutrone (che poi c’era), il giallo non dato a Matuidi e la caduta in area di Conti (che, prima, si aggrappa alla maglietta di Emre Can) la vedo dura mettere in piedi una nuova Calciopoli.

Soprattutto se nella stessa partita mancano due rigori alla Juventus (Paquetà su Ronaldo e mani di Zapata). 

Sebbene la Juve, nel 2006, venne retrocessa in B pur scrivendo in tutte le sentenze, sportive e ordinarie, che i campionati non erano stati falsati.
Ritentarci, in fin dei conti, non costa nulla. Sempre che “sentimento popolare” trovi pure stavolta una sponda in Federazione, dove qualcuno ha già ammesso di tifare Napoli e magari l’hashtag #Juveout lo ha già condiviso. Chissà…