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  • Tifare Juventus a Kharkiv: ‘Tutto ciò che avevamo è storia, ma continuiamo a seguire la nostra squadra del cuore’

    Tifare Juventus a Kharkiv: ‘Tutto ciò che avevamo è storia, ma continuiamo a seguire la nostra squadra del cuore’

    • Marco Amato
      Marco Amato
    Leggiamo i commenti che ci arrivano attraverso le nostre pagine. Uno, in particolare, ha colpito la nostra attenzione in questi giorni. Il mittente è un gruppo di tifosi della Juventus all’estero e fin qui – direte, giustamente -, nulla di strano. Ci colpisce la provenienza: Kharkiv, in Ucraina. Il nome di una città che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni: ancora oggi le cronache raccontano di un raid russo e della scia di sangue che si è portato dietro. Cosa significa tifare Juventus in Ucraina? Cosa significa farlo durante uno dei conflitti che sta inevitabilmente segnando la nostra epoca? Lo abbiamo chiesto ai rappresentati del gruppo di tifosi che ha deciso di chiamarsi “Juve Squadra”.
     

    L’intervista

     
    Prima di tutto, come state? E come è nata l’idea di un gruppo organizzato di tifosi della Juventus, a Kharkiv?
     
    “Le cose sono più o meno stabili e siamo felici di parlare con voi. Non siamo un fan club ufficiale, ma molti di noi sono stati iscritti tra i tifosi ufficiali e hanno rappresentato l’Ucraina nella lista dei fan club riconosciuti. La nostra organizzazione è nata il 5 maggio 2015, durante la semifinale d’andata di Champions League contro il Real Madrid. Da quel momento è iniziata la nostra storia in bianconero. Fu una partita indimenticabile che ci ispirò a creare un nome, un logo e un’identità tutta nostra”.
     
    Sappiamo cosa sta accadendo in Ucraina e a Kharkiv. Raccontateci il vostro punto di vista, la vostra esperienza.
     
    “La data del 24 febbraio 2022 ha diviso tutte le vite ucraine in un “prima” e un “dopo”. Purtroppo è successo, e nessuno avrebbe mai immaginato che uno Stato vicino ci avrebbe attaccati. Molti juventini stanno difendendo l’Ucraina dagli invasori e con tutto il cuore sperano nella vittoria e nella fine di questa terribile guerra. Quando possono, trovano il tempo per venire ai nostri raduni, per sostenere comunque il loro club del cuore”.
     
    Come è nata la vostra passione per la Juventus?
     
    “Ad esempio, c’è chi da bambino comprava le gomme da masticare e trovava dentro un adesivo di Trezeguet o Buffon. Così è nato l’interesse, e poi l’amore per il club. Oppure i genitori compravano una maglietta sportiva per la scuola, e magari capitava quella della stagione 2006/07 con il nome di Nedved. Così, senza volerlo, trasmettevano l’amore per il club. Nel mio caso: giocavo spesso a calcio e il mio ruolo preferito era quello del portiere, come Buffon. Non sapevo nemmeno dove giocasse o chi fosse, finché i miei compagni non iniziarono a chiamarmi “Buffon”. Così è nato il mio interesse per la Juventus, che poi è diventato qualcosa di molto più grande...”.
     
     
     
    Cosa significa essere tifosi della Juventus in Ucraina?
     
    “Essere tifosi della Juventus in Ucraina prima della guerra era come esserlo in qualsiasi altro Paese del mondo. Essere juventini durante la guerra, invece, è un rischio: incontrarsi tutti insieme è diventato molto più difficile e non ci sono più le stesse persone. C’è chi si è trasferito in un’altra città, chi ha cambiato vita ed è andato all’estero. Tutto ciò che avevamo è ormai storia, ma speriamo che un giorno tutto possa tornare come era”.
     
    Riuscite a seguire la squadra e le partite?
     
    “Ognuno cerca di non perdersi nemmeno una partita, ma per i nostri ragazzi al fronte la situazione è diversa. A volte è fisicamente impossibile, perché le missioni si svolgono 24 ore su 24. Ma appena trovano un attimo libero, almeno il risultato cercano sempre di guardarlo. Prima della guerra ci radunavamo per ogni partita. Facevamo tutto il possibile per esserci, anche con squadre minori riuscivamo a essere in 15.
    Il nostro raduno più grande ha contato 30-40 persone, durante le finali di Champions del 2015 e 2017.
    Quando la Juve giocò a Donetsk contro lo Shakhtar fu incredibile. Molti di noi erano lì.
    Abbiamo aspettato per rivedere i nostri beniamini dal vivo, e ci siamo riusciti nel 2020, nella partita contro la Dinamo Kiev. Tifosi da tutta l’Ucraina si sono uniti, abbiamo riempito il settore ospiti e cantato tutti insieme”.
     
    Credete nel nuovo progetto Juventus?
     
    “Sì, ci crediamo e lo speriamo con tutto il cuore, perché il club merita di tornare in alto!”
     
    Chi è il vostro giocatore preferito?
     
    “Ovviamente Gianluigi Buffon! È lui che ha fatto nascere questa passione in noi, ed è sempre stato un simbolo della Juventus”.
     

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