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La cosa peggiore di Juventus-Atalanta? Il tentativo di Motta di minimizzarla
Ancora una volta, e ancora dopo un ko dolorosissimo, non ha parlato nessuno. Non un dirigente, non un rappresentante. C'è stata la voce di Thiago e non è stata abbastanza, è stata anzi molto differente dalla rottura post Coppa Italia, e più simile alla reazione incredula della Champions League. Un modo per dire: gli avversari ci sono stati superiori, tocca farcene una ragione. Dimenticando però il significato di Juventus, il fatto che un 4-0 subito in casa porti con sé delle situazioni al di là di una sconfitta o una vittoria. Determina un'umiliazione. Che difficilmente si laverà.
La domanda da porci è proprio questa: per Motta la Juve è davvero un'altra cosa? O è una squadra da allenare, un gruppo da plasmare, il suo credo semplicemente da incastrare in un contesto? Un grande club è un grande club, e lui ne sa tantissimo. Però la sensazione è che - anche con queste dichiarazioni - ci sia una differenza enorme di portata e di vedute, il desiderio forse condiviso con la società di ridimensionare gli aspetti che un tempo rendevano unica questa squadra, e oggi invece sono ingombranti. Del resto, se hai un progetto giovane, come può essere vincere l'unica cosa che conta?
Il punto vero è che, pure sulla crescita, la Juventus si è fermata. Anzi: pare regredita. I giocatori che dovevano trascinare sono scomparsi, desaparecidos per scelte, rapporti, intuizioni probabilmente errate del tecnico. Dai ragazzi non puoi aspettarti le soluzioni se l'Atalanta, come il PSV, o persino l'Empoli, viene a giocarti addosso, aumentando il livello di difficoltà a un triplo carpiato con avvitamento a sinistra. La partita di Yildiz si spiega pure così. Quella di Nico Gonzalez, ecco, non si spiega proprio. Di nuovo.
Ma Motta, sì, Motta che avrebbe dovuto dare mentalità più della tattica, Motta che avrebbe dovuto cambiare i connotati a questa squadra, Motta che avrebbe navigato solo sulle acque mosse dal vento delle sue idee, dov'è che sta finendo? Si è dato davvero una direzione? Vive alla giornata? Programma il futuro? Arriva in Champions e si sente comunque soddisfatto di questa stagione? Quante domande. Nessuna risposta. Pure ai microfoni, quando sarebbe tenuto a darne, anche per rispetto per i tifosi: è arrabbiato e non lo dice, vorrebbe tuonare e mantiene aplomb, ha in testa i suoi nemici e chiama tutti comunque amici.
Per carità, non dev'essere tutto uno sfogo, non si può sempre patire come post Empoli. Ma una cosa deve essere chiara, all'allenatore così come a chi teoricamente sta sopra di lui: Juventus-Atalanta passerà alla storia, è un punto di non ritorno e non può essere smaltita con nessuna minimizzazione. La Juve sarà sempre un'altra cosa e va ricordato soprattutto nel momento più complicato, quando tutto intorno sembra assuefatto alla mediocrità e non ci si spinge fuori perché quasi non si sente il bisogno.
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