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Il primo a notarlo e renderlo esplicito è stato Massimo Ambrosini, non a caso uno che lo conosce bene: “Max, ti vedo molto giù, più di altre volte”. Lo si vede nell’espressione, nel tono della voce: un Allegri così triste, quasi senza forze, difficilmente si è visto di fronte le telecamere. Rassegnato: sembra essere questo il termine giusto. Poi, in conferenza, un moto di orgoglio: “Con le buone o le cattive la risolveremo”, ma sembra un leitmotiv che cade nel vuoto.
 
Il Massimiliano Allegri che si è presentato di fronte le telecamere è diametralmente diverso rispetto a quello che abbiamo imparato a conoscere. Orgoglioso, giocherellone anche nelle sconfitte, le più dure e pesanti. Capace di difendere il suo lavoro e il gruppo. No, niente di tutto ciò. Come dicevamo, il livornese è apparso rassegnato, se dovessimo inserire un sottotesto – rimanendo al linguaggio del corpo - sarebbe: “Non so più cosa fare”.
 
Impotenza, incapacità di reagire, di cavare qualcosa di buono fuori da un gruppo che le potenzialità le avrebbe, ma non le esprime. Inutile nasconderlo, non può che essere l’allenatore il primo responsabile: dopo più di un anno e un mercato cucito su misura i risultati non si vedono.
 
E allora, per rispetto di un passato glorioso, delle vittorie e dei bei momenti passati insieme, non sarebbe meglio salutarsi? Il momento sembra essere arrivato: questa Juve non è bellina, non è vincente, non è nulla se non una non-squadra che raccoglie batoste, una dopo l’altra.