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I ragazzi di oggi stanno appesi a una sigla calcistica che è già un mito. Quella di CR7 ovvero Cristiano Ronaldo il campione portoghese della Juventus che tremare il mondo fa. I giovani di ieri hanno già avuto modo di vivere un’esperienza più o meno simile e cioè legata all’abbreviazione di un nome anche se una volta non si usava quel particolare genere di propaganda. CF7 era il suo marchio di fabbrica distintivo. All’anagrafe di Lecce, città divenne al mondo il 1 febbraio del 1949, risulta come Franco Causio. Nel tempo diventerà prima il Barone e successivamente Brazil. Se Ronaldo è un mito lui è leggenda.

Oggi con in programma Juventus-Udinese è impossibile non rimandare la mente indietro nel tempo per rivedere e ammirare l’avventura di un fuoriclasse che, per le due squadre in campo, fu in misura differente ma con eguale intensità un autentico profeta. Undici anni in bianconero e tre a Udine. La prima città rappresentò per Causio il castello incantato dove ogni prodigio poteva compiersi. La seconda fu il luogo che il destino gli aveva riservato come posto delle fragole. La “casa” che una volta raggiunta non si lascia mai più. Ed è proprio a Udine che Causio è rimasto insieme alla sua seconda moglie e a suo figlio.

Ad entrambe le città, attraverso le imprese compiute con la magia delle due squadre bianconere, Causio ha dato tutto se stesso ricevendo un po’ meno di ciò che gli sarebbe spettato. La Juventus, con la quale aveva vinto tutto e di più, se ne sbarazzò con eccessiva fretta e poca eleganza ritenendolo consunto. Ripartì dunque dall’Udinese zittendo chi aveva sottovalutato il suo carattere di uomo vincente anche in barba all’età e, dopo la prima stagione in Friuli, venne addirittura convocato da Bearzot per la missione impossibile di Spagna ’82 dove fece da chioccia ai giovani Mundial. Il ritorno casa, con la partita a scopone insieme al presidente Pertini è un capolavoro per la nostra Storia.

Quella che aveva preso il via da Lecce dove il ragazzino Franco portava a domicilio le bombole del gas per le cucine. Nel tempo libero giocava a pallone e lo faceva talmente bene da far innamorare l’intenditore Adamo. Esattamente come fece poi con Moggi che lo portò alla Juventus. Lì dove nacque il Barone, elegante in campo come lo era fuori. Mai visto senza camicia e cravatta. Puntiglioso, versatile, cocciuto. Eroico e fantasioso proprio come un brasiliano. E Brazil divenne ufficialmente a Udine, giocando con Virdis e Zico. Poi attese che i Pozzo, come avevano promesso, gli fornissero un incarico prestigioso che peraltro avrebbe ampiamente meritato. Non accadde. Lui rimase egualmente a Udine che amava e dalla cui gente era amato. L’ultimo regalo, comunque, lo fece alla Juventus segnalandole un ragazzino che giocava nel Padova e si chiamava Alessandro Del Piero.