Ecco, chi ha chiara questa immagine, forse, avrà anche ben chiara la situazione del calcio italiano, che in questo momento di emergenza coronavirus si è resa ancora più esplicita del solito. Infatti, è successo che l'invidioso (nello specifico la Lazio), sia rimasto sorpreso di una battuta d'arresto del campione. Così, cogliendo l'attimo di una stagione a 99 anziché 100 all'ora, ecco che la Lazio si è dimostrata avversario leale, almeno fino a quando è stato il campo a parlare. Non appena i giochi si sono trasferiti su altri - e alti - piani, ecco che tutto il potere dell'invidia si è rivelato: perché se la Juve è il giocatore, il calcio il videogioco, la politica è la padrona dello stabilimento. E a volte, il bambino invidioso potrebbe essere proprio il figlio del capo, che in ogni mezzo e modo, cerca di far valere il proprio peso specifico. Staccare la luce, però, non funziona sempre.
Oggi, la Juventus si trova di fronte ad una sfida molto complicata. Deve riuscire a restare competitiva, malgrado gli attacchi siano giunti costanti e da ogni livello, da quando si è cominciato a parlare di ripresa del campionato e non solo. Un percorso ad ostacoli, che passa tra algoritmi e playoff, tra Claudio Lotito e le incertezze che, la politica calcistica, ancora non è riuscita a dissipare. Inoltre, ci sarà il campo. E se dobbiamo cominciare a pensare che il 20 giugno, con la sfida alla Lazio, si potrà decidere uno Scudetto, ecco che tutte le fatiche da superare si sommano l'una sull'altra. Perché d'altronde, va detto, la Lazio quest'anno ha giocato. E pure vinto, contro la Juventus. Per questo, forse, vien da chiedersi il perché giocare di sotterfugi, quando ancora si può sperare che ci sia una partita da giocare. Quella, di per sé, sarebbe già una vittoria. L'unica che vale la pena festeggiare fuori dal campo.