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Allegri non ci sta. Non gli piace che la Juve sia “bella e perdente”. Comunque sempre meglio che brutta e perdente, come in verità, è stata fino ad ora. Se ci pensiamo bene, fuori dalla passione, dal tifo e anche dall'osservazione asettica per entrare un po' nel romanzesco, la stagione della Juventus si è situata tra il patetico e il grottesco. Facciamone un ripasso, a tinte colorate.
 
Pogba e Di Maria. Chi se lo aspettava un fiasco di tali proporzioni? Di Maria, in pratica, inutilizzabile. Lo volevano per 2, 3 anni, ma lui agognava il ritorno al Rosario, a casa sua, e ha firmato per uno. Almeno in questo va ringraziato. Pogba tragicomico. Uno che preferisce il fisioterapista ai medici, che non disdegna, per un altra faccenda, stregoni e malocchi, sarà anche una “grande persona” come ha generosamente detto Nedved del Polpo, ma, se ci pensate bene, tutto “si tiene” nella sua vicenda. La diffidenza verso la scienza (gli ortopedici di fama mondiale che indicavano l'operazione chirurgica) e il ricorso  ai marabù, gli stregoni di cultura musulmana, per affossare la carriera di altri giocatori. Lasciamo stare le voci di collegamenti con la criminalità organizzata e il volto oscuro della banlieu francese, ma qualche domanda sulla mentalità di Pogba non è peregrina. La morale è che il giocatore le ha sbagliate tutte: terapia conservativa, operazione in ritardo, forzatura per recuperare in fretta, infiammazione che non passa.
 
Rovella, Pellegrini, Cambiaso. Per la serie “che ce ne facciamo?” Li hanno dati in prestito e ora si scopre che ce ne sarebbe bisogno come il pane, ma il paternalismo allegriano ha colpito ancora una volta: a centrocampo bastano Miretti, Locatelli e Rabiot; ai lati ci sono i fidi De Sciglio e Alex Sandro. E il risultato s'è visto.
 
Largo ai giovani. Il paradosso è che i “giovani” sono entrati quando non c'era più nessuno ovvero causa infortuni. Non si è trattato di lungimiranza o rischio calcolato. No. Fagioli, Illing, Soulé devono ringraziare la ventina o più d'infortuni in due mesi che ha permesso loro di giocare. Certo non sono i salvatori della patria, ma almeno s'è visto un po' d'entusiasmo, un po' d'iniziativa e di coraggio.
 
Allenamenti e staff medico. Sono gli stessi dell'anno scorso quando, certamente, in campo non s'erano palesati fulmini di guerra, ma la squadra vista fino a due tre partite fa sembrava appena tornata dalle vacanze. Non si reggeva in piedi: la partita fuori casa contro il Maccabi è stata un monumento alla mollezza svagata di chi non corre o corre male, di chi sembra non aver mai giocato insieme. Sull'infermeria abbiamo già detto: il paradosso, appunto, è che ha aiutato (meglio dire obbligato) Allegri ha fare le uniche scelte azzeccate della stagione.
 
Il ritorno di Chiesa. Nella “depressione generalizzata” che attanaglia i bianconeri (cit. da Walter Sabatini), i 15 minuti di Chiesa sono stati molto di più d'un' entrata in campo. Hanno assunto il valore simbolico dell'inizio del riscatto, della fine dei tempi cupi, della riscossa. Forse è troppo, ma, almeno contro l'Inter, potrebbe essere il toccasana necessario. Poi, fra poco, inizierà la pausa di 2 mesi. Invocata da Nedved, è la notizia migliore per questa Juve.