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Cristiano Ronaldo, un fenomeno ancora tutto da scoprire. Sì, perchè alle storie su di lui non c'è mai fine, e di quei racconti che narrano come da povero ragazzo di una piccola isola nell'oceano sia diventato il più forte al mondo non ci si stanca mai. In fondo, ogni calciatore, amatoriale o professionista che sia, avrebbe voluto percorrere quella strada. CR7 ce l'ha fatta, ma non è un caso.

A raccontarne uno spaccato è il cugino Nuno Viveiros, in una lunga intervista a Tuttosport, tenutasi nella nuova Casa Interattiva proprio a Funchal, suo paese di nascita. Madeira è la terra che l'ha fatto crescere e lì si può respirare la vera essenza di CR7. Lì, al Museo, non si può non passare per la rovesciata contro la Juve, quella che ha segnato il destino bianconero e del portoghese: "Visto? - dice Nuno presentandola ad alcuni turisti - Cristiano è andato in cielo: un salto in alto di 2 metri e 38 centimetri. Maravilhoso, come il bacio di Cristiano a Buffon dopo la partita. Tengo pena per Buffon, mi è dispiaciuto tanto che abbia lasciato la Juve per andare a Parigi. Penso che gli sarebbe piaciuto giocare con mio cugino. E anche a mio cugino sarebbe piaciuto giocare con lui". E da qui inizia il racconto.

ALLENAMENTI DI NOTTE - "Ho vissuto con Cristiano a Manchester per cinque anni. Un’esperienza indimenticabile. Come la sera in cui la squadra ha vinto la Champions League nel 2008. Si ricorda la finale di Mosca con il Chelsea finita ai rigori? Cristiano sbaglia dal dischetto, poi Terry scivola colpendo il palo destro della porta e alla fine van der Sar para il tiro di Anelka. Sa che cosa ha fatto Cristiano quando siamo tornati a Manchester quella notte? E’ andato ad allenarsi. E’ andato ad allenarsi dopo essere diventato campione d’Europa a ventitré anni. Lui è fatto così. E’ un vero figlio di Madeira. Come sono i figli di Madeira? Sono orgogliosi, tosti, duri. C’è stato un tempo in cui la nostra isola ha conosciuto la povertà, quella vera. E quando conosci la povertà non hai più paura di nulla. Abbiamo l’oceano davanti a noi e le montagne alle nostre spalle. L’isola è ricca di piantagioni di canna da zucchero e di banane, ma, sino a quando il turismo inglese, tedesco, francese non l’ha scoperta; sino a quando non hanno iniziato ad arrivare gli investitori stranieri, la nostra vita era agra. Eppure, Cristiano ha imparato fin da piccolo la regola che non ha mai smesso di tenere a mente: 'Trabalhar, trabalhar, trabalhar'. Lavoro, lavoro, lavoro".  
 
SUCCESSO - "Sai a che cosa deve Cristiano il suo successo? Al fisico, certo, ma all’80 per cento alla sua testa. Lui ha testa".

L'INTERVENTO - Durante l'intervista, a sorpresa, interviene uno di quei figli di Madeira, voglioso di raccontare il suo Ronaldo: "Mi chiamo Augustin. Vengo da Machico, una cittadina a pochi chilometri da qui. Lo sa perché Madeira vuole così bene a Ronaldo? Non soltanto perché ha portato il nostro nome in tutto il mondo con quello che ha vinto con il Manchester, con il Real e perché ha fatto diventare il Portogallo campione d’Europa. Quando gli hanno intitolato l’aeroporto, da Lisbona sono venuti qui il presidente della Repubblica e il capo del governo. La verità è che amiamo Ronaldo perché è rimasto uno di noi, un figlio di questa terra. Lui non si è mai dimenticato di Madeira. L’ospedale, la ricerca contro il cancro e tante altre azioni in favore di Madeira, Ronaldo ha fatto, ma lui non vuole che si sappia in giro. La gente di qui sa che, quando c’è bisogno, Ronaldo c’è".

JUVE - "Adesso posso dirlo - riprende Nuno - lo volevano quattro squadre, ma ha voluto la Juve perché l’ha capito quella sera della rovesciata, a Torino, quando tutto lo stadio è saltato in piedi per applaudirlo. In quel momento ha capito che sarebbe andato in un posto dove l’avrebbero amato come l’amano qui, a Madeira".