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No, Arthur non ha mai avuto paura di non farcela. L'assicurazione sul rendimento era data da chi l'allenava: perché sarà pur vero che Andrea Pirlo l'ha ereditato dalla scorsa visione del mercato, ma non si dica che il brasiliano non sia un giocatore nelle corde del tecnico. Del resto, l'aveva detto proprio il Maestro: c'era bisogno di tempo, di spazio, di modi d'intendersi. E Arthur, giocatore troppo "spagnolo", abituato a pensare nel corto, una volta compresi gli spazi in cui attaccare avrebbe potuto dare tutt'altra veste a questa squadra. 

MEDIANA A TRE - E' stato un rischio, calcolato ma comunque 'sperimentale'. La scelta di inserire la mediana a tre per irrobustire le linee di gioco ha dato modo alla Juve di sembrare più solida, soprattutto nella fase 'calda' di McKennie. Poi? Poi sono arrivati i problemi, subentrata la mancanza di forze (specialmente nervose). Nella difficoltà, Arthur si è esaltato. Soprattutto, non si è nascosto. Ha allargato il raggio d'azione, ha lasciato che Nzola andasse fisso su Bonucci, ha provato pure a verticalizzare: quello che esattamente gli ha chiesto Andrea Pirlo, in tempi non sospetti. 

CON PIRLO - Ecco, a proposito del tecnico: la partita nella partita è stata quella dell'ex regista sul nuovo regista. Verbalmente in marcatura stretta, meno filosoficamente 90 minuti a dargli ordini, a impartirgli consigli. Arthur ha seguito fedelmente le idee e pure l'ambizione del Maestro. Per una volta, ha smesso di pensare e si è dedicato anima e piedi ai suoi attaccanti. Il prossimo passo? Intanto, trovare continuità. Di minuti e formazione. Che magari, dal suo estro, Pirlo potrebbe aver trovato due soluzioni con un recupero.