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Francamente non siamo delusi più di tanto. Sarebbe stato meglio vincere la Coppa Italia, d’accordo, ma la stagione non si sarebbe raddrizzata. E’ già molto il quarto posto. Inutile amplificare la portata di una rincorsa (iniziata troppo tardi e finita un po’ troppo presto) che ha permesso alla Juve di risalire la classifica. Inutile lamentarsi di arbitraggi discutibili (ricordiamo sempre, però, che in casi favorevoli ai bianconeri sarebbe venuto giù il mondo). Inutile ricordare che la Juventus presenta, in Italia, la rosa più “cara”, perché è il frutto di errori di vecchia data. Inutile lamentarsi di Allegri perché questo è il suo stile, il suo modo d’intendere il calcio. Non lo cambiano certo (lo stile e il modo) giocatori, per lo più, di qualità non eccelsa come gli attuali.

La priorità, comunque, non sembrerebbe quella di rafforzare la squadra a breve, anche se uno sforzo è già stato fatto con Vlahovic, quanto l’altra di mettere ordine fra contratti, rinnovi, cessioni e, forse, organigramma societario. Torneranno Chiesa (è mancato tantissimo) e McKennie, ma non bastano a rendere la squadra competitiva nemmeno in Italia: i problemi a centrocampo permangono e in difesa sono aumentati. L’addio di Chiellini, le goffaggini di De Ligt, la mediocrità volonterosa di De Sciglio, la mediocrità neghittosa di Alex Sandro (ieri sera, per altro, ha giocato egregiamente), l’età di Bonucci, i buoni propositi di Pellegrini non ne fanno un reparto molto affidabile.

Zakaria, né Locatelli, sembrano fare l’agognata differenza nel reparto centrale. Differenza rispetto a un andamento lento e prevedibile, una mollezza e un’incapacità di aprire varchi che durano, ormai, da anni. Miretti è una buona notizia, ma può  bastare? Allegri, sicuro d’un contratto blindato, ha anticipato che non ci saranno rivoluzioni. Se non possiamo sperare in qualche presenza di peso, speriamo almeno in qualche assenza liberatoria: ovvero Arthur, Ramsey, Kean definitivamente verso altri lidi.