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E come lo tieni fuori, questo Milik? Difficilmente Allegri avrà pensato qualcosa di diverso, una volta tirato via un sospirone di sollievo: il sorriso dopo il Bologna era largo, ma più larghe sono diventate le certezze offensive. Un elastico di soluzioni, così come elastico è sembrato il tridente che meraviglia (e non 'delle meraviglie'): da un lato Kostic, in mezzo Vlahovic e Milik. Abituata a esser storta, la Juve ha trovato una quadra dinamica con l'inserimento costante di McKennie a destra, spremuto fino all'ultima corsa, in grado anche di dare densità in area e quindi più soluzioni per gli spioventi dell'ex Eintracht. Enorme giro di parole per dire questo: se la Juve attacca con ritmo e continuità, torna a creare tanto. E se crei tanto, prima o poi Vlahovic o Milik arrivano al gol. E quindi la squadra al successo. 

GEMMA MILIK - Semplice matematica, all'apparenza. Ma è un gioco d'incastri tattici, di momenti della partita, di uomini e quindi di sensazioni e stato di forma. Con il Bologna tutto è andato bene perché non c'è stato imprevisto all'orizzonte. E se il mare è calmo, tutti sono ottimi marinai, nessuno ha l'affanno di navigare a vista. Se il mare è calmo, Bonucci ha tempo d'impostare, Rabiot quello di sgroppare, Milik può stopparla ed ergersi a regista offensivo. A proposito: è lui a dare il 'la' all'azione che sblocca tutto e soprattutto i bianconeri. E' lui poi a chiuderla con un mancino di rara potenza, ben diverso dal 2-0 divorato da ottima posizione. La sensazione è che tanta Juve passi dal suo mancino e dalle sue intenzioni. Quasi sempre buone, alle volte mal accompagnate dai compagni. In questo senso, la connection con Vlahovic può soltanto crescere.

VERSO IL MACCABI - Torniamo alla domanda di partenza: e come lo tieni fuori, questo Milik? Non si può. Non si può relegare ad arma in corso, non si può allo stesso modo farlo con Vlahovic, stasera non brillantissimo eppure autore di un gol e di un assist. Ai numeri, il serbo ha dato tanto; nel contesto, il collega polacco diventa però un elemento profondamente diverso, più di raccordo, più di dialogo, con uguale senso della rete eppure con un primo tocco di gran lunga superiore. Sarà scelta forte, in ogni caso, perché qualcuno dovrà far posto a Di Maria e quel 'qualcuno' non sarà certamente l'equilibrista di centrocampo. Prima delle domande tatticamente esistenziali, resta però la sensazione di una squadra in crescita, con un attacco che gira e con la piacevolezza di porsele, certe questioni. Abituati alla crisi, ci si dimentica di come quello stesso mare possa essere una tavola. A tratti davvero stupendo.