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Per la Juve la stagione 2023-24 ha un nome e un programma: convalescenza, ovvero il tempo necessario per guarire. Vincesse una Coppa Italia sarebbe già un gran risultato. Le priorità non sono sul campo da gioco. Sono economiche e societarie. Giuntoli sta cominciando a diminuire le spese, gli avvocati a vincere qualche battaglia (lo spostamento del processo a Roma).
La campagna acquisti non c’è praticamente stata. Quella cessioni nemmeno o quasi, se si eccettua Zakaria. Si sono affrontati i problemi a monte del gioco e della formazione. C’è una specie di rassegnazione programmata, ovvero il quarto posto e continuare con un comandante, testardo ma consumato, sperando di arrivare almeno in Champions. Tutto pare spostato sull’anno prossimo. Sarebbe Timothy Weah che può cambiare la squadra? Lo sforzo andava concentrato su un centrocampista di corsa, inserimento e tiro. Era Frattesi (lo abbiamo detto, a scanso di equivoci, all’inizio del mercato) capace anche di dare respiro a Locatelli e così di migliorare nettamente il debole centrocampo juventino. Si confida, invece, ancora su Rabiot, troppo spesso cavallo scosso.
Magnanelli darà un po’ più iniziativa alla squadra e un Chiesa, speriamo fisicamente ritrovato, maggior imprevedibilità, anche perché finalmente Allegri non sembra più costringerlo a fare il difensore e il mediano. Ma non bisogna farsi illusioni. Sarà molto difficile uscire da quella mediocrità che dura da più di tre anni. Nota positiva, l’obbligato utilizzo di giocatori della cantera. In questo contesto, la ciliegina sulla torta si chiama Pogba, ennesima scommessa, ahimé perduta. Certo si sapeva dei problemi fisici, dell’età, di ultime stagioni opache, ma c’era qualcuno che potesse sapere della labilità caratteriale del giocatore?
Nella sua vicenda, infatti, sono gli amici ad avere una parte importante. Sembra che, nella propria vita, Pogba non abbia fatto altro che incontrare Lucignoli, gente che lo abbindola con le promesse più strampalate. Prima gli stregoni africani capaci di guarirlo dal “malocchio”, poi il fido fisioterapista che gli sconsiglia l’operazione e gli fa perdere un anno prezioso, infine un non meglio qualificato medico americano che gli avrebbe prescritto un elisir miracoloso e pericoloso. 
L’idea, rischiosa, di affidare il centrocampo juventino a un giocatore notoriamente infortunato si è rivelata fallimentare e non solo per questioni di ginocchia. Per di più c’è un che di farsesco nel dramma di questo ingenuo ragazzone, peraltro con uno dei peggiori rapporti “qualità-prezzo” (il costo e i minuti giocati) mai visti negli ultimi anni.