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La fine della partita è stata l'inizio di un momento che vale un arcobaleno, nella vita di questa Juve. Mentre tutto intorno tuonava, tra fischi e consapevolezze, De Ligt e Bonucci, Cuadrado e Dybala, più Szczesny, si sono avvicinati all'unica parte di pubblico che non ha fatto mai sentire la mancanza di un applauso, la carezza di un incitamento. Si sono accostati mestamente, di pochi passi: mano al petto in segno di riconoscenza, ma anche di scuse. Un gesto normale per mille versi, ancor di più dopo una settimana in cui sono crollate certezze e tutto il futuro si è ingrigito dell'incertezza. Ma un gesto che racconta anche tanto altro. Una su tutte: dov'erano gli altri? 

LA REAZIONE - La reazione della Juve al fischio finale è stata la reazione alla sberla durante la partita. La grande differenza è che, se con il Chelsea è parso un pugile suonato, il gruppo di Allegri alla fine ha anche solleticato l'idea di rimontarla, questa partita. O comunque di provarci. O almeno di dare un segnale. Un'idea. Un'invenzione. Era tutto lì e tutto alla portata. Come quando ti fai i piani del futuro, o solo del giorno dopo: scommetti su consapevolezze che arriveranno strada facendo. Ma, alla fine, poi arrivano davvero? O sono sempre così puntuali? Non si può dire, dopo Juve-Atalanta, che l'orgoglio non si sia visto. Che la squadra remi contro l'idea dell'allenatore. Che ci sia una profonda spaccatura tra ciò che avrebbe dovuto essere e ciò che è. Forse, ciò che è, è esattamente ciò che doveva essere. Una squadra che fa una fatica bestiale ad attaccare per due motivi su tantissimi altri: l'assenza di un riferimento e risolutore, la mancanza tremenda di un'idea di gioco che non contempli la giocata di Dybala o una sfuriata palla al piede di Chiesa.

FISCHI E APPLAUSI - Fischi e applausi è un titolo nobile di serata. E se i fischi sono legati ai risultati, anche gli applausi si tengono stretto un momento, un vagito, un tentativo di reagire all'inconcludenza alla quale si sta lentamente abituando la squadra di Allegri. Che continua a ripetere il suo motto: è un periodo che non gira. Che continua a credere nei gol di Morata e nella risurrezione dei centrocampisti. Che continua a faticare e ovviamente a sbagliare, ma soprattutto a non fidarsi di uomini che avrebbero dovuto essere la sua chiave di volta per la panchina lunga. Alla fine? Eccoli qui, i risultati. Sono sotto gli occhi di tutti, con gli occhi di tutti anche su mille situazioni. Inchiesta in primis. La sensazione è netta: la Juve è a un bivio societario e non solo legato al campo e allora a questo campionato. O risale come collettivo, o si scioglie come neve al sole. Intanto la notte è più buia, allo Stadium. E il freddo più pungente.