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È possibile che, dominata dalla comprensibile fretta (i calendari, lo spettacolo che deve andare avanti...) la giustizia sportiva si sia imbattuta in qualcosa di più grande di lei. E non soltanto perché la Juventus è “too big to fail”. Il fatto è che anche i più accaniti antijuventini reagirono male a quella sentenza d'appello che, in pratica, condannava solo i bianconeri e lasciava impunite almeno altre 6 società con cui la stessa Juve aveva effettuato scambi o “maledette” plusvalenze. “Ma non si fanno in due le plusvalenze?”, questa fu la domanda grimaldello che aleggiò dopo la sentenza dei -15 punti.
Infatti, resta in piedi il dubbio non solo giuridico, bensì anche logico, di come si possa sanzionare o condannare qualcuno per un reato che non esiste. Per questo, si dice, è stata utilizzata la formula della “slealtà sportiva”. Ma, altro dubbio, se è sleale la Juve perché non lo sono anche le altre società “coinvolte”?
Ci ha pensato, allora, la giustizia ordinaria (procura di Torino) a inviare alle procure interessate le proprie indagini. Ma di che si tratta? Documentazioni scritte, registrazioni? Totali o parziali? Sull'onda di queste comunicazioni, il povero Chiné (ha una mole impressionante di cose da fare e per questo forse chiede mesi di dilazione, mentre alla difesa sono concessi 5 giorni per studiare le carte) ha deciso di attendere gli esiti delle indagini delle varie procure per non ripetere l'errore fatto contro la Juve, quando fu assolta in prima istanza. Aspetta, quindi, ad aprire procedimenti anche nei confronti di Bologna, Sampodoria, Udinese, Atalanta, Sassuolo e Cagliari, ipoteticamente correi dei bianconeri. Senza le registrazioni della procura di Torino, la giustizia sportiva avrebbe poche frecce al proprio arco, a partire proprio da teoria e pratica della plusvalenza. L'intreccio fra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, insomma, non poteva essere più stringente, anche sull'onda delle decisioni di Tar e Consiglio di Stato, che hanno notevolmente ridimensionato il cosiddetto “patto tra privati”, ovvero fra le società calcistiche.
Forse, proprio per questo, la FIGC ha deciso di non costituirsi parte civile contro la Juventus. In teoria, un comportamento incomprensibile da parte di chi è convinto delle proprie ragioni. In pratica, una rinuncia parziale che vorrebbe salvaguardare un'affermazione più generale: l'autonomia della giustizia sportiva. Con questo gesto, Gravina e compagni intenderebbero manifestare la piena coerenza delle proprie scelte, anche a costo di perdere l'occasione di avere “maggior” giustizia. Sul piano simbolico sembrerebbe una mano tesa alla Juventus, nei fatti è il tentativo di rinunciare a qualcosa per difendere un principio che potrebbe, in un prossimo futuro, sgretolarsi.