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E’ stato già detto: il mercato della Juventus non merita la sufficienza. A un centrocampo mediocre non basta l’innesto di un chiarificatore dal buon tiro come Locatelli e forse nemmeno la bacchetta magica d’un mago della praticità come Allegri. Pensate che, a un certo punto, la novità dirompente, l’oggetto dei desideri è stato nientemeno che il “vecchio” Pjanic. Reduce da una stagione inesistente al Barcellona e, prima ancora, da un campionato mediocre in bianconero, in cui non si sapeva se poteva giocare davanti alla difesa o più avanti; molto spesso spaesato sotto pressione, un lancio ogni 30 passaggetti orizzontali, il centrocampista bosniaco doveva rappresentare la novità.

“Meglio che niente” deve aver pensato Allegri, sempre più fiducioso nell’usato insicuro rispetto a un nuovo con qualche rischio. E, infatti, dopo qualche amichevole i giovani (Dragusin, Fagioli, Ihattaren, ma soprattutto Ranocchia) via, “a fare esperienza altrove”. Ma il punto, lo avrete capito, è un altro: Arrivabene è arrivato, scusate il gioco di parole, per fare quadrare i conti. Campionato e, chiaramente Champions, possono aspettare. La ricostruzione dopo l’inarrestabile sfaldamento degli ultimi due anni, parte da qui. Ecco perché si sono fatti ponti d’oro (d’argento, vista la minusvalenza) per la partenza di Ronaldo, ecco perché non si prova nemmeno a trattare sull’ingaggio di Pjanic. Alla fine, con Ronaldo - s’è visto - i conti non sono tornati, né quelli economici né quelli sportivi. È stato calcolato che per rientrare dall’investimento (costo del cartellino più stipendio) sarebbero stati necessari almeno altri tre anni. I campionati si vincevano anche senza di lui, in compenso con lui la Champions è rimasta lontanissima. In più, Chiesa e De Ligt sono costati tantissimo e ancora da pagare. Il primo acquisto vale interamente l’investimento, anche se spesso ultimamente è costretto a giocare da solo e Cuadrado in avanti gli toglie spazio a destra. Il secondo, ogni tanto, si perde complice un centrocampo che non filtra e una difesa in cui giocano Rugani, De Sciglio e un Alex Sandro dall’ aurea mediocrità. Su Pellegrini non ci esprimiamo. Insomma non siamo al nuovo che avanza, ma al vecchio che è avanzato. E non sarà certo il costoso ritorno di Kean che può aggiustare la difesa.

Eccola la morale, quindi: l’incerta mediocrità in cui la squadra galleggia è, probabilmente, il frutto di un calcolo, che recita, più o meno, così: siccome rimettere a posto le cose dal punto di vista tecnico costerebbe troppo, l’aumento di capitale serve in gran parte a ripianare debiti e non a farne altri. Non si naviga a vista, ma in vista di un anno o due in cui  bisogna provare a restare in Champions, continuare a tollerare ancora Rabiot, Ramsey, Arthur, improponibili al mercato e mettere da parte definitivamente non solo sogni di bel gioco, bensì anche di classifica. Insomma: abbassare le aspettative, confidando in una, due stagioni onorevoli. A questo punto, qualsiasi trofeo sarebbe accolto come un trionfo. Quando abbassi l’asticella se salti l’ostacolo magari sei contento. Mica tanto. Un po’. Comunque meglio che niente.