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A osservarlo dal vivo, a tratti fa quasi tenerezza. "Non è da Juve", viene da pensare - anche con una certa amarezza - di fronte a ogni stop sbagliato, alla costante sofferenza tra i difensori avversari, alla sua testa perennemente bassa. Partita dopo partita, Moise Kean sembra sempre di più un pesce fuor d'acqua in campo, del tutto ininfluente com'è per l'attacco bianconero se non addirittura dannoso, in alcuni casi. Ieri, contro il Monza, l'ennesima prova flop della sua stagione, ai limiti dell'inquietante dal punto di vista tecnico. E lo Stadium non è andato troppo per il sottile con lui, sommergendolo di fischi al momento della sua uscita dal campo.

Un'attenuante, il classe 2000, può anche averla: lì davanti è solo, spesso fin troppo, tanto che ogni suo momentaneo spostamento sull'esterno (di solito sulla sinistra) finisce per creare una spaventosa voragine in area, mai riempita da nessun altro compagno. Il dialogo con Angel Di Maria, inoltre, non funziona come dovrebbe - e come vorrebbe Massimiliano Allegri - ma tutto questo non basta per assolvere Kean, come non basterebbe per "perdonare" qualsiasi altro attaccante che riuscisse a tirare solo una volta in porta nel corso di una partita, senza combinare nient'altro degno di nota. 

Alla Juve serve di più, molto di più. E l'infortunio di Arek Milik è un'ulteriore stangata per questa Juve, ancora più pesante se si ripensa alle parole di ieri del tecnico bianconero: "Chi non ce la fa, stia fuori!". Se il riferimento era (anche) Moise, essere "obbligati" a puntare di nuovo su di lui non che può essere una cattiva notizia...