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Le mode sono mode, poco da fare. Iniziano per caso, si alimentano tramite sparuti pionieri, si diffondono con velocità crescente ed infine si impadriniscono di tutto e di tutti. Al di là di ogni ragionevole dubbio.
La moda del Napoli è uguale alle altre mode. Perchè di tale roba tràttasi. Come ogni moda che si rispetti si abbevera alla fontana dei luoghi comuni e tutta la critica vi si caccia dentro, un po' come i personaggi della fonte dell'eterna giovinezza al castello della Manta. Sarebbe un esercizio altamente meritevole quello di una visita alla sala con l'affresco citato, non fosse altro per specchiarsi “una tantum” nella caducità di se stessi e delle proprie idee.
La moda del Napoli è perpetrata con insistenza, martellando incessantemente l'opinione pubblica  con mantra ormai estenuanti: la squadra gioca il più bel calcio d'Europa;  il Napoli merita lo scudetto a prescindere;  De Laurentis è grande e Sarri è il suo profeta.

Punto primo, se la squadra che pratica il gioco più bello d'Europa, riesce a perdere 3 partite su 4 in Champions League, non serve la laurea in matematica per avere il sospetto che i conti non tornino. Sia ben chiaro che sono sconfitte “a testa alta”, con netto dominio sugli avversari, che per puro caso hanno segnato uno o due reti in più.

Punto secondo: lo scudetto si vince alla giornata 38, ne mancano 27. Un tantino prematuro, no? Mentre è del tutto lecito parlare di merito, tanto che cosa costa? Puro entusiasmo alla partenopea.

Punto terzo: De Laurentis è grande nel taroccare la verità, a partire dal V.A.R. inventato per penalizzare “ 'a creatura”. Nemmeno ai guitti della Commedia dell'Arte sarebbe venuto in mente una battuta tanto surreale. I fratelli Marx si agitano nella tomba. Buster Keaton sta piangendo lacrime amare. Sarruccio nostro (prendo a prestito un diminutivo usato  da una cara amica) gli va dietro pedissequamente. La Lega non aiuta il Napoli, gli orari impallano gli azzurri, non si può giocare di sera a plenilunio quasi completato. Bla, bla bla. E la stampa prona. D'altronde non si può vivere di solo Juve, sei anni sono lunghi, tre “double” stancano, che si scrive domani?

Per cui, una squadra ad un passo dalla qualificazione agli ottavi di Coppa è, come minimo, inguardabile. Per lo scudetto i bianconeri sono tagliati fuori ed Allegri è un saltimbanco della panchina.
Fossero solo quei pitocchi (o Pistocchi?) di soloni della carta stampata e delle TV ad usare i pesi e le misure con lo spannometro. La tragedia è la pletora di juventini (aborro la puzza sotto il naso) che vanno dietro alle dicerie. E se non dai loro ragione, passi per dinosauro pleistocenico.
Le mode sono brutte bestie che si incarnano nell'immaginario collettivo, ma hanno un pregio: come rapidamente si affermano, altrettanto rapidamente si eclissano. E soprattutto si prestano alla verifica   dopo l'equinozio di primavera, mai in autunno. Se fossi Sarri mi preoccuperei, giacché Milik e Ghulam (auguri, guerriero!) hanno dato appuntamento al prossimo raduno e dietro di lui c'è solo il plexiglas della panchina.

Intanto a Torino, città pragmatica e priva di fronzoli, non si ha tempo per i mantra. Si sta sul pezzo giorno dopo giorno, a testa bassa, seriosamente, che noia sti “soldatini” (cit. Cassano), senza lasciarsi incantare dai fachiri. Magari si produce con meno estro, ma si produce con continuità. E i sei scudetti, le 3 coppe Italia, la Supercoppa e le due finali europee sono lì a dimostrarlo. Mentre il vento convoglia lontani accordi di mandolino.