Da Fagioli a Di Maria c’è la spiegazione del modello Juventus. Un giovane cresciuto in casa, un calciatore che non ha bisogno di presentazioni e che di recente ha alzato la Coppa del Mondo. Nel messaggio del centrocampista classe 2001 - "Fide sei stato un esempio dentro e fuori dal campo, ti voglio bene" – sta tutta la bontà di questo tipo di progetto. Ancora prima, Matias Soulé aveva spiegato come Di Maria lo aiutasse, quotidianamente, a migliorare dal punto di vista delle conclusioni a rete.
L’esempio sta nella pratica, non nel palmares. Da questo punto di vista, stando alle voci dei protagonisti, Angel Di Maria ha adempiuto al suo compito. Per motivi diversi non è andata e dopo Udine ci sarà la separazione, ma il modello è giusto. Una Juventus che si vuole giovane ha bisogno di un certo tipo di punti di riferimento, dell’esperienza di chi ha giocato sui campi internazionali, di chi ha passato momenti duri e ne ha tratto la forza per alzare i trofei.
Il modello è questo e il modello è giusto, ma rimane un dubbio. Come dicevamo in apertura, sono lontani anni luce i tempi dell’armata invincibile, quella composta da calciatori a cui va solo detto: oggi giochi, oggi non giochi, mettiti qui, metti là. Magari, ogni tanto, qualche sistemata tattica, ma niente di rivoluzionario. In questo, Massimiliano Allegri si è dimostrato essere un numero uno. Ma con questa nuova Juventus? Il dubbio rimane, l’asimmetria sembra evidente e, anche su questo, dovranno essere fatte delle valutazioni in vista del futuro.