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La paura fa novanta, la rivolta fa novantanove. Sono i gol con la Juve della storia di Cristiano Ronaldo. Che non è finita, che ha aperto un altro - e fondamentale - capitolo. In soli sei minuti. Tanto è bastato a CR7 a ribaltare il destino suo, di Andrea Pirlo, della Juventus intera. Fino alla fine, fino all'ultimo istante, finché questo gruppo ne ha avuto, nonostante quella "stanchezza mentale" di cui ha parlato il tecnico e che per ottanta minuti sembrava orientare le scelte pure del più forte. 

LA STRANA RINCORSA - Sì, perché l'ultimissimo Cristiano è stato l'ultimo Ronaldo. E cioè: non ne beccava mezza, mal supportato dalla squadra e poco coinvolto dalle spinte sugli esterni. Per carità, pure lui faticava terribilmente ad accentrarsi, ad attaccare la profondità. A dare semplicemente una traccia offensiva a una squadra costantemente ingolfata sugli esterni. Neanche Dybala, che pure l'ha cercato con un paio di scambi, ha saputo innescarlo e accenderlo. Gli serviva un episodio e l'ha trovato con somma soddisfazione di tutti: sui rigori è un cecchino, sul colpo di testa va premiata l'abitudine a non mollare. Dote innata che fa da coro a una qualità da primissimo della classe.

QUELL'ESULTANZA - E leader, e trascinatore, e il più arrabbiato in quell'esultanza di gruppo che non ha avuto eguali nella sua storia, neanche quando in palio c'era una Champions e non una misera qualificazione futura. Cristiano si è dovuto abbassare alle pretese di questa Juventus e non è stato facile giocare nel fango, non lo è mai se sei abituato al velluto. Ecco perché il 'sssiuu' ha dovuto far posto all'orgoglio, alla rabbia. Magari servirà a smuovere un po' quei compagni, rammolliti e stanchi, con la testa altrove e non sul pezzo. Volevate una prova di umiltà da parte di sua maestà: eccovi accontentati.