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E' presto per sapere, non lo è per capire. O almeno provarci. Cosa vuole di diverso Pirlo? In che direzione sta andando questa squadra? Il pari di Crotone era un fiume in piena di interrogativi: c'erano troppe incongruenze, estrema fragilità, una confusione destabilizzante e demoralizzante. Nel freddo di Kiev, la Juve però si è temprata, compattata per coprire ogni misero spiffero maligno della critica. Ha lavorato come voleva l'allenatore, con Cuadrado più schiacciato e Chiesa da attaccante di fascia. 

LE RICHIESTE - Voleva i tre punti e tre punti ha ottenuto. L'allievo non s'è fatto Maestro, ma paradossalmente l'ha vinta d'esperienza. Quella di Crotone, ad esempio, ha già aiutato: rischi ridotti al minimo, così come gli esperimenti. Una sola richiesta, pressante, a Cuadrado: la fascia destra era da arare. Il colombiano è partito forte, ha proseguito accorto, ha chiuso in crescita. L'assist per Morata è immagine simbolo: non c'era tanto modo di affondare, si è fatto bastare un po' di spazio per innescare il movimento - sempre giusto - di Morata. A proposito dello spagnolo: con due trequartisti a supporto, ha dimostrato di poter dire la sua. Ma con Dybala alle spalle, ha allargato gli spazi e creato diversi pericoli a palla lontana. Il tridente pesante non è facile, e nemmeno impossibile. 

IL DEBUTTO - "Stavolta abbiamo avuto lunedì per prepararla". L'unico sorriso, dietro il volto serioso di Pirlo, ha preso le sembianze di una giustificazione per Crotone. Vuol dire che le critiche avevano scalfito, che la preoccupazione c'era. Che pure Andrea ha capito quanto sia facile stravolgere tutto e quanto invece sia fondamentale restare coerenti. Con le proprie idee, con la fiducia in questa squadra. Ha cambiato nulla per cambiare tutto, almeno in termini di consapevolezza. E in una notte dai mille significati, da incorniciare c'è il suo abbraccio a Dybala prima di regalargli quaranta minuti di benzina: era il suo primo caso da allenatore, che segna più di qualsiasi altro debutto. L'ha superato a pieni voti, come la prima notte europea. Ora, un vecchio cliché da allenatori: la prossima partita è la più importante di tutte. Almeno per tornare a lavorare con tranquillità.