commenta
Troppo profondo il solco scavato a Torino per sognare ad occhi aperti. Vero è che il motto recita: “Fino alla fine...”, ma la fine ha dislocazioni variabili e in tutta onestà il termine pare già  fissato. Si aggiunga che il Santiago Bernabeu (si pronuncia come si scrive e non Bernabò come da chicca di speaker del TG3 regionale del Piemonte, poi uno si chiede in virtù di quale parentela…), il Bernabeu dico, è un covo inespugnabile, nel quale le “merengues” giocano in 12. Valentine dice qualcosa a qualche tifoso attempato? E' lo scozzese che annullò un gol regolare a Manfredonia. E' solo un esempio. Per ulteriori credenziali ci si rivolga a Kassai della federazione ungherese, al solo suono del nome, in Baviera ci si rotola dal mal di pancia.

Non ostante il pessimismo la parola data mi porta all'incontro, in un noto locale della città, con gli amici ultras dei tempi andati, quando si cresceva in curva Filadelfia, domenica dopo domenica. Il tempo segna, ma lo spirito è indomito e le battaglie da raccontare sono tutte lì sul tavolo, quasi a preparare la “summa” di un calcio che non c'è più e di pomeriggi evaporati con esso.

Non occorre altro che la compagnia di questi fedeli servitori di Madama per assicurare una serata coi fiocchi, ma sono sufficienti 2 minuti per esultare. Veramente resto abbastanza freddo: ho scritto che non rimontavamo nemmeno a...tavolino. Però…
Pizza, birra, dolce e caffè, limoncello e Real 0, Juve 3. Al secondo gol scatto in piedi, al terzo faccio il pazzo, batto le mani sul tavolo, caspita, ora ci credo, cavolo!

Mancano 40 secondi, 40 fottutissimi secondi per rompere il forcing dei blancos. Dai, ragazzi, dai raga… Il grido resta strozzato in gola dal fischio di un fantoccio col latte che gli scende dalle labbra, designato per patire a tempo debito il fiato di 100.000 bocche sul collo, inesperto e manovrabile dai poteri occulti, che tanto occulti non sono.

Eliminati. Bastasse il verbo. No, saccheggiati, sbertucciati, scartavetrati, ridotti a rottami sportivi da una congrega di alto bordo e spartizioni geopolitiche che non annoverano semifinali senza almeno una spagnola. Il sogno di una serata storica da sbattere in faccia all'arroganza iberica si frantuma sul filo di lana.

Il ritorno a casa è un blocco unico con il tentativo di trovare pace nel sonno. Il filmato della gara si dipana davanti agli occhi, chiusi nel tentativo di dormire. Chi ci riesce? Il tumulto da una coronaria all'altra, attraverso un battito convulso del cuore, è inarrestabile. La mente frulla, si ostina, impreca, si dispera. Domani si lavora, non so come farò, ma non c'è requiem. Quell'inglese dal cognome ridicolo, che tanto ravvisa un comico di professione, un tale Hardy, che almeno faceva ridere per davvero, cosa ci faceva in mezzo a giocatori più vecchi di lui? Un pischello di 33 anni? 

Gigi, perché non l'hai steso con un montante ed un gancio in mezzo al prato, tanto era la tua ultima partita e della prossima Champions cosa te ne fregava? Lo so che il dormiveglia riserva brutti scherzi, ma questo è il livello dei pensieri. Oggi qualcuno ha detto le stesse cose,  da sveglio.
“Notte di dopo la notte” cantava Little Tony, quello del “Cuore matto”. Come il mio che non sa calmarsi  e tachicardeggia a spron battuto.

Stamane lo “straccio” si è levato con una fatica degna di Ercole. Ha acceso la TV in tempo per sentire un giornalaio di Canale 5 che nel suo servizio farnetica di ansia di vittoria, di braccino corto, di rigore sacrosanto e...peccato. Subito mi si è ravvisato il labiale di Gigi per il rosso estratto e sono sbottato in un “va a cagare” di buon auspicio per la giornata di materiale pressochè simile.
Avrei voluto perdere 4 a 0 e farmene una ragione. Così fa troppo male, maledetta di una Coppa.