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Per descrivere il suo match basterebbe un frame. Minuto 50, cavalcata di 40 metri dalla metà campo della Lazio e assist per Kulusevski, con tanto di "sgridata" finale per l'errore dello svedese, da leader vero. Federico Chiesa è un'iradiddio, di nuovo. Se il voto della sua serata non è un 8 pieno è soltanto perché al numero 22 è mancato il gol, la rete che sarebbe stata la ciliegina sulla torta all'ennesima prestazione disputata con la grinta e la classe del campione, del giocatore che con uno strappo può cambiare le sorti di una partita (e magari persino di una stagione). E se il gol non è arrivato, non è certo per errori da matita blu, ma per una serie di circostanze che lo hanno spesso visto in azione circondato da un muro di avversari, senza la possibilità di scambiare il pallone con un altro attaccante per poi farselo ridare al momento giusto. 
La voglia di Chiesa di mettere il suo timbro sul match era evidente, nei suoi occhi e nelle sue gambe, ma in una serata come questa la Juventus può anche accontentarsi delle sue sgroppate ragionate, di quelle corse a mille all'ora ormai diventate il suo marchio di fabbrica, gioia per i tifosi, terrore per gli avversari, che quando parte non possono fare altro che pregare. Come se non fosse già chiaro, se i bianconeri vogliono tentare la rimonta devono affidarsi a lui, il presente e il futuro di una squadra che può davvero contare su un nuovo leader, in attesa di Paulo Dybala che insieme a lui può brillare più che mai e dare alla Juve quella scintilla di cui tanto, in questa prima parte di stagione, si è sentita la mancanza.