Faticavano, i campioni, a sfruttare i contropiede che, ogni tanto, il Chievo concedeva. Asamoah ha smarrito il timing di un tempo, Sturaro lavorava come sa, Douglas Costa era timido, poco servito e poco servizievole: i battesimi, a volte, non sono mica tutti cin-cin. Higuain, lui, cercava munizioni (e Dybala, forse).
Matuidi faceva legna, un mestiere prezioso che non altera però l’estetica delle trame. Quando si scivola da uno schema all’altro (nel nostro caso, dal 4-2-3-1 al 4-3-3) si corre il rischio di commettere in partita, e pagarli, errori che in allenamento non paghi. L’autogol di Hetemaj sembrava la carezza che il destino, cinico e caro, riserva spesso ai forti. Pjanic, al quale si deve la gittata della punizione, rifiniva un po’ qui e un po’ là, in ua nuvola di sbadigli. Al Chievo mancava un attaccante. Alla Juventus, la storica Bbbc. Non male Benatia, comunque: un altro che comincia per b.
Stavano dominando, gli ospiti, quando Allegri ha tolto Douglas Costa e chiamato il carro attrezzi. Subito sul posto, subito a suo agio, lesto a capire perché il motore non cantava più. Morale: il gol di Higuain (dopo un «rimorchio» non banale), sgommate assortite per fendere la calca e arrivare in fretta in officina e il gol, bello, del 3-0.
Firma in calce alla ricevuta: Paulo Omar Dybala.