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C'è chi non usa mezzi termini nel descriverlo come un giocatore finito, che al massimo può permettersi di prendere posto in panchina e mettersi a disposizione tra le seconde linee. Nel caso specifico di ieri può avere un'attenuante, quella di non essere ancora fisicamente al top dopo i problemi fisici di inizio stagione, ma d'altro canto non si può nemmeno negare l'evidenza: Leonardo Bonucci non è più quello di una volta, e il match di ieri contro il PSG non ha fatto altro che ricordarlo al mondo intero, anche ai più nostalgici.

A PARIGI - Nella difesa della Juve scesa in campo al Parco dei Principi - con Danilo e Gleison Bremer a completare la linea a tre - il classe 1987 è nettamente apparso come il giocatore più in difficoltà: è stato così soprattutto nella prima mezz'ora, quando la squadra di Cristophe Galtier si è scatenata con le sue stelle più brillanti, accendendo un Kylian Mbappè imprendibile per chiunque, figuriamoci per lui e in generale per una formazione ancora in cerca di un'identità come quella bianconera, che di fatto si è presentata a Parigi come un cantiere aperto, con giovani (e non) alla prima assoluta in Champions League e volti nuovi alle prime presenze con la Vecchia Signora. Fatto sta che sulle due reti incassate dalla Juve c'è anche la forte responsabilità di Bonucci, capace solo di guardare quel fuoriclasse che in un istante gli ha mangiato tanti metri in pochissimo spazio, lasciandolo lì con un pugno di mosche.

SUL VIALE DEL TRAMONTO - Che piaccia o meno, la verità sembra essere chiara: l'epoca d'oro del numero 19 è finita. E non di certo oggi, ma probabilmente già nel momento in cui Giorgio Chiellini, compagno di squadra e amico fraterno, ha salutato Torino per una nuova avventura in MLS, lasciandogli in eredità la fascia da capitano e soprattutto passandogli le redini di una difesa profondamente cambiata, di certo tutt'altra cosa rispetto ai tempi in cui proprio il reparto arretrato era il fiore all'occhiello della Juve, il pilastro su cui contare in ogni momento e contro qualsiasi avversaria. Forse Leo non è finito per davvero, non ancora. Ma probabilmente, con un 5 in pagella dietro l'altro, non può nemmeno più essere il leader tecnico che la Juve e l'Italia hanno conosciuto.