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In questo momento Massimiliano Allegri alla Juventus è un allenatore solo nella tempesta di una squadra in piena crisi. Per responsabilità anche sue, intendiamoci. Quel che fa specie è che, venendo meno alla tradizione (e proprio oggi la Juve festeggia i suoi 124 anni), ad Allegri sia stato dato un potere che nessun tecnico bianconero ha mai avuto in passato. L'altra faccia di un tale potere, però, è quella rappresentata dalla solitudine, nelle scelte e nella gestione della crisi. In passato, gli allenatori della Juventus, anche e soprattutto i più vincenti, hanno sempre avuto in società dei numi tutelari, gente che conosceva il calcio, la comunicazione e la 'politica' (di spogliatoio, e sportiva). Uomini come Boniperti, Moggi e Marotta, presso i quali il tecnico di turno poteva trovare conforto, protezione e consigli nei momenti di difficoltà. Oggi, alla Juve, intorno ad Allegri c'è il deserto...

Intorno ad Allegri oggi ci sono: Maurizio Arrivabene, amministratore delegato con delega all'area sportiva, l'uomo dei numeri e della proprietà, senza esperienza nel mondo del calcio; Pavel Nedved, il vice presidente al quale manca sempre qualcosa per crescere in autorevolezza e carisma, l'uomo che nel 2019, insieme a Paratici, aveva deciso di esonerare Allegri; Federico Cherubini, il direttore sportivo alla prima esperienza in questo ruolo in un top club. E poi c'è il presidente Agnelli, il cui impegno al momento sembra più orientato al futuro del club e del calcio che all'operatività del presente. Ha detto bene Alex Del Piero, parlando del 'caos' Juve: "Non solo i tre allenatori in tre anni, ma anche la successione degli addii di Marotta e Paratici...". E' in questa situazione che Allegri deve operare, da solo nella crisi Juve.