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Devono avergli detto “dai muoviti, fai qualcosa, fatti sentire”. Così ieri sera si è messo a urlare da bordo campo. Oddio, urlare forse è troppo, però nell’Allianz deserto del Covid, la voce di Pirlo ogni tanto si sentiva. Sempre immobile, inscalfibile (mica i tarantolati Conte o Simone Inzaghi…) ma, insomma, più partecipativo. Emotivo? Beh, sarebbe eccessivo, d’altra parte siccome sono circolate voci sull’aplomb trascendentale del neoallenatore bianconero, qualcuno, forse, lo ha indotto a dare un po’ di swing a una partitura troppo quadrata.

BANDO AGLI ESAGITATI - Perciò a fine partita, lui stesso lo ha anche ribadito che le indicazioni ai giocatori in campo le dà: “Chiesa, nel cross, deve tagliare sul primo palo senza che ogni volta glielo debba dire”. Non siamo tra quelli che ritengono un allenatore esagitato, isterico, urlante, il migliore dei comunicatori. Anzi. La calma e la riflessività ci sembrano doti. Non ci sono mai piaciute le manette, i violini, gli sfoghi dopo le sconfitte, ma quella che un tempo si chiamava “comunicativa”, i rapporti coi giocatori, sono importanti. E l’atmosfera “umana” che si respira altrettanto. Ogni allenatore ha il suo carattere, ed è giusto così. Per esempio, Liedholm aveva carisma, ma era permaloso; Mazzone paternalista sensibile, però autoritario. Nei tempi più recenti, per restare alla Juve, Conte inclinava alla caserma (nel senso della disciplina), Allegri al confronto “decisionistico”.

IL PREDECESSORE - Durante il suo anno a Torino, Sarri è risultato enigmatico, talvolta ondivago. Introverso, con necessità (manifestate anche a Napoli) sovente di restar solo con se stesso, alla Juventus sembra essere caduto (leggi le dichiarazioni di Chiellini) nell’errore di cedere spesso alla disillusione eccessiva nei confronti dei giocatori. Né inflessibile, né autoritario. Piuttosto: sprezzante. E per destabilizzare non c’è atteggiamento peggiore.

LA VERITÀ - Dipinto, all’ inizio, come un amico, “un giocatore tra giocatori”, un nemmeno tanto “primus inter pares”, Pirlo sembrerebbe, ora, addirittura arroccato in una sua turris eburnea, intento a compulsare testi alchemici sul calcio e cosmogonie pallonare, mentre l’intendenza si occuperebbe del quotidiano. Tudor, in particolare, di tattica e Baronio degli allenamenti. Se, invece, la sua sobrietà espressiva, la sua misura laconica, che tanto si addicono ai sabaudi e generano la considerazione di Andrea Agnelli, fossero il frutto di una certa timidezza, contrabbandata per incomunicabilità?