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Togliamoci la mascherina e respiriamo profondo. Fiutiamo l’aria. Tra i profumi del gelsomino e quello della bouganville potremo percepire una fragranza tanto di moda più di mezzo secolo fa. C‘è aria di Sessantotto. L’anno in cui i ragazzi italiani, come quelli di tutto il mondo, scendevano in strada e reclamare un mondo migliore e più giusto. A fianco, parallelamente, viaggiava il sogno calcistico di un’Italia che attraverso il linguaggio popolare del pallone voleva provvedere a coagulare sentimenti e passioni privi di barriere ideologiche o di classe. I visionari della rivoluzione rimasero, più avanti, con in mano il cerino di un’incompiuta. La nazionale di Uccio Valcareggi seppe trasformare il sogno in realtà conquistando il primo e unico titolo Europeo della sua storia.

Credo fermamente nei corsi e ricorsi storici dimostrati dal filosofo illuminista Giambattista Vico. Quindici mesi fa uscivamo sul balcone di casa per cantare “Azzurro” e con tra le mani un lenzuolo o una federa sui quali con il pennarello rosso avevamo scritto in stampatello “Andrà tutto bene”. Era il modo, magari sempliciotto ma consolante, di urlare tutta la nostra rabbia per l’invasione aliena che ci toccava subire con effetti tragici da parte di un virus assassino. Tra le tante privazioni anche il gioco del calcio venne oscurato e gli Europei in programma vennero rimandati all’anno successivo. Ci siamo arrivati. Il virus circola ancora, ma lo scudo protettivo inventato dagli scienziati funziona bene. Così, tra qualche giorno, avremo la possibilità di appassionarci e di tornare a godere davanti al televisore facendo il tifo per gli azzurri.

La premiata ditta Mancini & Vialli ha lavorato con grande scrupolo. La meglio gioventù del pallone italiano è stata assemblata con competenza attraverso un eccezionale lavoro di alchimia. Esattamente come accadde nel Sessantotto quando “zio Uccio” seppe miscelare e dosare magistralmente le forze del suo gruppo che avrebbe vinto il titolo Europeo. Pietro Anastasi, tanto per citare l’esempio più clamoroso, che al tempo aveva venti anni. Oppure Pierino Prati oltre, naturalmente, a Gigi Riva di poco più anziano. Ebbene Roberto Mancini ha voluto e saputo operare nella medesima direzione stando comunque molto attento alla vecchia massima secondo la quale i successi di una squadra si ottengono partendo soprattutto da una solida ed esperta difesa.

Sotto questo punto di osservazione mi pare che siamo garantiti in tal senso. La Nazionale di Valcareggi poteva contare su due colonne portanti e orgoglio azzurro come Giacinto Facchetti e Tarcisio Burgnich. Quella di Mancini avrà la possibilità di scendere in campo con due ”rocce” le quali, con i dovuti distinguo rispetto ai loro predecessori, offrono assolute garanzie tecniche e morali di usato sicuro che serviranno certamente ai giovani per consentire loro di gettare il cuore oltre l’ostacolo e di arrivare a compiere ciò che di memorabile realizzò l’Italia di mezzo secolo fa.

Togliamo le mascherine e presentiamoci, questa volta in strada, con i cartelli “andrà tutto bene” affiancati da bandiere tricolore.